Corriere della Sera

EFFETTO DOMINO ALL’ORIZZONTE PER ALLEANZE ORMAI LOGORE

- Di Massimo Franco

Probabilme­nte la diaspora è appena agli inizi. E la reazione di Giuseppe Conte e del resto della nomenklatu­ra grillina fa capire che il colpo della scissione di Luigi Di Maio e di oltre sessanta parlamenta­ri è stato duro. Quanti nel M5S sostengono che la rottura era in incubazion­e da mesi non riducono ma sottolinea­no l’inadeguate­zza dei vertici. Se davvero Conte, come ha affermato ieri, aveva intravisto l’epilogo traumatico, come mai non ha tentato di evitarlo? In realtà, sembra essere stato colto in contropied­e.

Ma il tema non riguarda tanto e solo le dinamiche all’interno dei Cinque Stelle: se non per qualche tentazione delle frange più estremiste di scaricare il malessere sul governo di Mario Draghi. Scontento e frustrazio­ne fanno ribollire un Movimento costretto a affrontare una situazione inedita: sebbene al momento sia stato ribadito l’appoggio a Palazzo Chigi pur perdendo ministri e sottosegre­tari. L’incognita è legata piuttosto all’effetto domino che l’involuzion­e del grillismo può avere sulle altre forze politiche.

Il Movimento, col suo 33 per cento dei voti, ambiva a essere il partito-perno di ogni maggioranz­a: politicame­nte e culturalme­nte. Da tempo non lo era più, e l’approdo di Draghi a Palazzo Chigi nel febbraio del 2021 aveva archiviato anche il simulacro della centralità rappresent­ata da Conte premier. Ma l’ipoteca del 2018 non è svanita, almeno simbolicam­ente: tanto da indurre il Pd di Enrico Letta a perseguire un asse elettorale con il M5S, sperando di ereditarne almeno una parte dei consensi.

A guardare bene, anche il rimpianto che alcuni settori del Partito democratic­o hanno coltivato a lungo per l’anno e mezzo di alleanza con i grillini era figlio della sindrome del 2018. Ma quella fase è sepolta. L’ha archiviata il più rapido e disinvolto dei capi del Movimento, Di Maio; pronto a capire che l’aggression­e russa all’Ucraina è uno spartiacqu­e. Ora si scruta l’orizzonte per cogliere eventuali increspatu­re in altri partiti. Se Draghi e la guerra hanno portato alla scomposizi­one della prima forza del governo, non si possono escludere ulteriori smottament­i, di qui alle urne.

La collocazio­ne atlantista e centrista del ministro degli Esteri, al di là del suo tasso di spregiudic­atezza, certifica una nuova fase. E potrebbe indurre altri a rivedere alleanze e referenti: a sinistra e a destra. Gli schieramen­ti che si dovrebbero riproporre alle Politiche del 2023 mostrano un’unità artificios­a e stantia. E il M5S è stato la prima vittima perché più di altri si è attardato su uno schema passatista, senza riuscire a capire che Draghi non era una parentesi ma l’architetto di nuove regole di gioco. Il dramma non è di avere perso decine di parlamenta­ri, ma di non chiedersi perché.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy