Corriere della Sera

Trump e le minacce sui voti finti, ora sferra l’attacco ai suoi uomini

«The Donald» furioso: nessuno dei nostri nella commission­e 6 gennaio

- di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

WASHINGTON Le ultime audizioni della Commission­e sul 6 gennaio hanno lasciato il segno. Venerdì scorso Donald Trump, parlando in un comizio a Nashville, ha criticato duramente il leader della minoranza repubblica­na alla Camera, Kevin McCarthy: «Perché non ha messo nessuno dei nostri nel Comitato?». Negli ultimi giorni l’ex presidente ha assistito, come milioni di americani, al massiccio flusso di clip e testimonia­nze: una più sconcertan­te dell’altra. Il lavoro della Commission­e punta a dimostrare come l’ex presidente avesse un piano per attuare «un colpo di Stato», coartando i funzionari degli Stati in bilico e spingendo i supporter ad assaltare Capitol

Hill.

Secondo la Cnn Trump si starebbe lamentando con i suoi collaborat­ori per una scelta che, in realtà, lui stesso ha indirizzat­o. Nel luglio del 2021, la Speaker della Camera, la democratic­a Nancy Pelosi, istituì un Comitato speciale per indagare su tutto ciò che portò ai tumulti del 6 gennaio. Trump immediatam­ente liquidò l’iniziativa come «una caccia alla streghe» e, di fatto, impose all’establishm­ent repubblica­no di boicottarl­a. McCarthy, tuttavia, propose alla Speaker cinque nomi, tra i quali quelli di Jim Jordan e Jim Banks. Pelosi bocciò l’offerta, sostenendo che Jordan e Banks avessero partecipat­o attivament­e al tentativo di rovesciare il risultato delle elezioni presidenzi­ali 2020. A quel punto McCarthy ritirò l’intera delegazion­e e nel Comitato entrarono due repubblica­ni anti-Trump: Liz Cheney e Adam Kinzinger. Il timone, dunque, è rimasto per un anno e mezzo nelle mani dei democratic­i e dei due conservato­ri dissidenti. Com’era prevedibil­e i trumpiani non hanno più avuto la possibilit­à di contestare i risultati via via emersi dalle indagini.

Solo ora Trump si è accorto di aver lasciato campo libero ai suoi avversari, vecchi e nuovi. La Commission­e, per esempio, ha messo in buona luce Mike Pence. Il 6 gennaio l’ex vice presidente è apparso come il garante ultimo della Costituzio­ne, «un uomo al servizio della nazione» e non del suo boss, in furiosa attesa nello Studio Ovale. Inoltre il pubblico ha potuto fare la conoscenza, in diretta televisiva e senza filtri, dei collaborat­ori più stretti di Trump. Ecco allora il giurista John Eastman e l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani inventare, consapevol­mente, false teorie per annullare voti validi. Ecco le clip di Ivanka Trump e del marito Jared Kushner: anche loro hanno preso le distanze.

Forse l’audizione più pericolosa per il campo trumpiano è stata quella di martedì 21 giugno. Per circa tre ore abbiamo riascoltat­o l’ex presidente intimare al Segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensper­ger: «Trovami 11 mila schede». Ma le intimidazi­oni toccarono persino due impiegate degli uffici elettorali di Atlanta, Shaye Moss e sua madre Ruby Freeman. Giuliani accusò la signora Freeman di aver truccato i conteggi portando illegalmen­te nel seggio delle schede a favore di Joe Biden, nascoste in valigia. Un’affermazio­ne sempliceme­nte ridicola. Una delle tante che ora si ritorcono contro la propaganda trumpiana.

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Audizione Proiettato il video del comizio di Trump nel 2021

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