«Salario minimo e imprese Un costo di 12 miliardi»
Calderone (Consulenti del lavoro): per le aziende un aumento del 20%
Sette, nove, dodici: il dibattito sull’introduzione del salario orario minimo in Italia somiglia sempre di più a una gara d’asta o a una trattativa d’acquisto in un vecchio mercato. Il focus è tutto centrato su quanto dovrebbero percepire in più i lavoratori, latita la basilare domanda su «chi paga» questo corposo aumento del costo del lavoro. Si passa dal salario minimo a 9 euro lordi alla proposta da 12 euro («come in Germania») ma in condizioni socio economiche profondamente diverse. A sottolinearlo sono i Consulenti del lavoro, impegnati da oggi a Bologna nell’organizzazione del «Festival del lavoro. L’Italia, ricordano i consulenti, è un Paese dove la contrattazione collettiva è diffusissima (oltre il 90%), anche ben oltre i principi fissati dalla direttiva comunitaria (80%). Inoltre, il sistema italiano delle relazioni industriali oggi offre un’ampia platea di istituti contrattuali, per lo più inesistenti all’estero: rol, ferie, permessi, 13esima, 14esima, Tfr, welfare contrattuale tanto per citare solo alcuni istituti contrattuali che ormai fanno parte integrante della retribuzione annuale dei dipendenti. Il nostro sistema è per certi versi paragonabile a quello del Nord Europa ma in economie totalmente diverse e migliori. D’altro canto però è vero che esistono settori in cui i livelli retributivi e la paga oraria rimangono in balia della contrattazione individuale e quindi sotto la soglia minima. Giusto adeguarla, ma la domanda cardine rimane la stessa: chi sosterrà questi maggiori costi? I consulenti del lavoro hanno provato a rispondere andando oltre e quantificando anche i costi complessivi per il sistema delle imprese. «Non c’è dubbio che a normativa vigente l’onere ricada totalmente sugli imprenditori - commenta Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro -. E questo riguarda non solo il giustificatissimo aumento delle cifre orarie più basse dei comparti fuori dal perimetro della contrattazione collettiva. Nessuno deve essere pagato per pochi euro l’ora. Quindi in queste situazioni l’aumento del salario orario minimo è dovuto».
Però nel dibattito politico che si sta sviluppando anche durante il Festival del Lavoro di Bologna - c’è chi si chiede se un aumento del salario minimo potrebbe causare un effetto domino trascinando al rialzo tutti i livelli retributivi attuali. «Noi abbiamo anche conteggiato il costo complessivo annuale che dovrebbero sopportare le imprese italiane - spiega la presidente Calderone -. Si tratta di circa 12 miliardi l’anno con un innalzamento di circa il 20%, che certamente farebbe scaturire l’aumento dei prezzi di beni e servizi al consumo».
Il circolo vizioso paventato sarebbe quello di un aumento delle retribuzioni (e dei contributi) invece di creare benessere ai lavoratori farebbe aumentare di molto il loro costo della vita: costo del lavoro più alto, aziende costrette a compensarlo con un aumento dei prezzi e quindi minor poter d’acquisto malgrado gli aumenti. Appare dunque evidente che servirebbero misure compensative tali da garantire un’adeguata copertura finanziaria per il sistema delle imprese. «Non c’è dubbio che non potranno essere gli imprenditori a caricarsi sulle spalle quest’onere - prosegue Calderone - Per questo diventa indispensabile la riduzione del cuneo fiscale, che di certo libererebbe risorse da dedicare agli aumenti contrattuali». Sostenere e tutelare le categorie sottopagate senza aumentare ulteriormente il costo del lavoro delle aziende italiane. Non un’impresa da poco.
Non potranno essere gli imprenditori a caricarsi questo onere
Ridurre il cuneo fiscale libererebbe risorse per gli aumenti contrattuali