Corriere della Sera

Stoccaggi, i flussi non bastano E la Germania torna al carbone

Gas, il nodo della concorrenz­a asiatica e il rischio di blocco delle forniture da Mosca. La Ue fissa le riserve all’80% entro ottobre. Berlino alza il livello di allerta

- Fabio Savelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ROMA Le domande che ora tutti si pongono sono due: il tetto al prezzo in Europa può distorcere un mercato ormai globale finendo per privilegia­re i clienti asiatici di gas liquefatto? Può far inalberare Mosca che potrebbe tagliare le forniture come ritorsione? La proposta italiana di istituirlo, rivendica il ministro Roberto Cingolani, ha i suoi crismi: l’Europa è il principale mercato di sbocco per il gas russo e la sostituzio­ne con la Cina non è immediata perché manca una rete di gasdotti alternativ­i verso Pechino. Nella guerra di scacchi col Cremlino il premier olandese, Mark Rutte, osserva che «potrebbe non funzionare come alcuni pensano». Sulla sua valutazion­e potrebbero però incidere i ricavi sul trading.

La Germania, che ha deciso di appoggiare la proposta di Roma, però deve correre alzando il livello di allerta. La ripicca immediata di Mosca potrebbe essere quella di azzerare gli approvvigi­onamenti, già ridotti al 40%, dal gasdotto Nord Stream 1, che però Gazprom attribuisc­e a «problemi tecnici». Per questo Berlino torna al carbone riattivand­o le centrali elettriche «per un periodo transitori­o» avvisando Bruxelles di una misura non ambientali­sta. Per ridurre la domanda il governo tedesco prevede di organizzar­e delle aste in cui i grandi consumator­i industrial­i riceverann­o denaro se rinunceran­no ai loro contratti. Le ipotesi di razionamen­to «al momento sono da escludere», si affretta a precisare Cingolani. Lo stato di allerta in Italia è stato rimandato perché i flussi da Tarvisio, da dove arriva il metano russo, restano inalterati, seppur il riempiment­o degli stoccaggi prosegua al ritmo di 30 milioni di metri cubi al giorno, non sufficient­i a riempire i depositi all’80% entro ottobre, indicazion­e accolta da un voto Ue. Per questo Snam sta compensand­o.

I razionamen­ti però terrorizza­no gli industrial­i già alle prese con un conto energia pesantissi­mo. Confindust­ria ha appena presentato un piano al governo in cui segnala la necessità di ridurre i consumi domestici che in inverno, con i riscaldame­nti ai massimi, pesano più del doppio delle grandi utenze energivore. Dai dati appena pubblicati da Terna però qualcosa non torna. Dai primi di maggio è in vigore un decreto che prevede di alzare fino a due gradi i condiziona­tori in case ed uffici per tagliare i consumi. Il gestore segnala che nel mese di maggio il nostro Paese ha invece consumato 25,7 miliardi di kilowattor­a di energia elettrica, un valore in aumento del 5,5% rispetto all’anno scorso e dello 0,4% rispetto ad aprile. Nel 2022 è in crescita del 2,8%.

Dall’altro lato dell’Atlantico Joe Biden ha chiesto al Congresso di sospendere per 90 giorni la tassa federale sulla benzina e ha rinnovato il suo appello alle major ad aumentare la raffinazio­ne del greggio, scelta sdoganata anche dai Paesi Opec. In Europa la decisione, posticipat­a di sei mesi, di bloccare il greggio russo sta portando ad una riduzione delle importazio­ni: ma l’Italia va controcorr­ente. La raffineria di Priolo in Sicilia, a rischio chiusura, ha triplicato l’import via mare. La commission­e Ue ha firmato un accordo con la Norvegia, grande produttore di gas liquefatto, e stretto fornitore dei tedeschi. Nella geopolitic­a dell’energia niente va lasciato al caso. Neanche la rivalutazi­one del rublo. Il ministero delle Finanze russo ha pagato 100 milioni di dollari di interessi su due eurobond. Il ceo di Mediobanca, Alberto Nagel, invita a puntare sul Meridione: «Dispone di una posizione che gli consente di trasformar­si in un hub del gas».

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