Nuovi missili Usa per salvare il Donbass
KRAMATORSK (DONBASS) Le retrovie diventano gradualmente prime linee; strade che sino a pochi giorni fa si percorrevano senza problemi vengono ora chiuse dai posti di blocco; il brontolio delle esplosioni si fa più vicino, mentre il traffico civile sparisce: non è difficile cogliere i segnali sempre più chiari dell’avanzata russa nel Donbass. Ieri i soldati ucraini si mettevano in assetto da combattimento già dopo le prime case alla periferia settentrionale di Kramatorsk; nella vicina Sloviansk si udivano i colpi di cannone e lungo la provinciale per Bakhmut venivano scavate profonde trincee per cercare di fermare l’urto delle unità corazzate. «Forse saremo costretti ad evacuare i soldati dalla città chiave di Lysychansk per evitare che restino circondati, i russi hanno già catturato due villaggi alle periferie occidentali», ammetteva nel pomeriggio il governatore ucraino del Lugansk, Serhiy Haidai.
Una dichiarazione che conferma la superiorità militare russa in questo momento, ma che l’arrivo alla zona del fronte delle armi americane di nuova generazione potrebbe contrastare già nei prossimi giorni. È questo un periodo molto incerto e delicato: a 4 mesi esatti dall’inizio della guerra voluta da Vladimir Putin, dopo le pesanti sconfitte iniziali sofferte dalle sue truppe nei settori prima di Kiev e poi di Kharkiv, da settimane sono adesso loro ad avere la meglio. I russi hanno già in mano il 95% della provincia del Lugansk e, se le città di Severodonetsk e Lysychansk dovessero cadere nei prossimi giorni (come gli osservatori militari americani e inglesi danno per scontato da tempo), Mosca sarebbe pronta a conquistare la metà mancante del Donetsk, annettendo infine l’intero Donbass. Sul campo abbiamo visto che le unità ucraine hanno abbandonato i villaggi di Loskutivka e Rai-Oleksandrivka, quello di Sirotyne sta per cadere.
Ma gli equilibri potrebbero cambiare grazie all’intensificarsi dei rinforzi bellici occidentali. «La sorte del Donbass resta incerta. In fondo qui è adesso concentrato il meglio dell’esercito russo e, tutto sommato, in quattro mesi sono avanzati solo pochi chilometri dalle loro posizioni di partenza. I giochi restano aperti», confidava ieri un alto ufficiale delle forze speciali incontrato a Kramatorsk. Le sue parole trovano conferma nei tweet del ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, il quale annuncia l’arrivo nella zona dei combattimenti delle batterie di Himars (che sta per High Mobility Artillery Rocket Systems), in sostanza sistemi missilistici ad alta precisione montati su camion blindati e in grado di colpire a oltre 70 chilometri di distanza: un raggio che supera di almeno un terzo quello dei corrispettivi russi e con meccanismi di puntamento più accurati. «Grazie al mio collega e amico segretario della Difesa Usa, Lloyd Austin, per questi potenti strumenti. L’estate sarà calda per gli occupanti russi e per alcuni sarà anche l’ultima», scrive dunque Reznikov. Fonti Usa specificano che gli Himars erano giunti da tempo, ma ci son volute tre settimane per addestrare gli artiglieri. Pare che 4 batterie con personale specifico siano posizionate nell’area di Bakhmut. Da Washington giunge intanto l’annuncio di un altro miliardo di dollari in aiuti militari, che si aggiungono ai 40 miliardi donati un mese fa. Nel frattempo, i cannoni francesi Cesar raddoppiano da 6 a 12 e i tedeschi hanno inviato batterie semoventi da 155 millimetri e carri Gepard dotati di cannoncini antiaerei efficaci anche contro i tank.