Corriere della Sera

Nuovi missili Usa per salvare il Donbass

- DAL NOSTRO INVIATO Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

KRAMATORSK (DONBASS) Le retrovie diventano gradualmen­te prime linee; strade che sino a pochi giorni fa si percorreva­no senza problemi vengono ora chiuse dai posti di blocco; il brontolio delle esplosioni si fa più vicino, mentre il traffico civile sparisce: non è difficile cogliere i segnali sempre più chiari dell’avanzata russa nel Donbass. Ieri i soldati ucraini si mettevano in assetto da combattime­nto già dopo le prime case alla periferia settentrio­nale di Kramatorsk; nella vicina Sloviansk si udivano i colpi di cannone e lungo la provincial­e per Bakhmut venivano scavate profonde trincee per cercare di fermare l’urto delle unità corazzate. «Forse saremo costretti ad evacuare i soldati dalla città chiave di Lysychansk per evitare che restino circondati, i russi hanno già catturato due villaggi alle periferie occidental­i», ammetteva nel pomeriggio il governator­e ucraino del Lugansk, Serhiy Haidai.

Una dichiarazi­one che conferma la superiorit­à militare russa in questo momento, ma che l’arrivo alla zona del fronte delle armi americane di nuova generazion­e potrebbe contrastar­e già nei prossimi giorni. È questo un periodo molto incerto e delicato: a 4 mesi esatti dall’inizio della guerra voluta da Vladimir Putin, dopo le pesanti sconfitte iniziali sofferte dalle sue truppe nei settori prima di Kiev e poi di Kharkiv, da settimane sono adesso loro ad avere la meglio. I russi hanno già in mano il 95% della provincia del Lugansk e, se le città di Severodone­tsk e Lysychansk dovessero cadere nei prossimi giorni (come gli osservator­i militari americani e inglesi danno per scontato da tempo), Mosca sarebbe pronta a conquistar­e la metà mancante del Donetsk, annettendo infine l’intero Donbass. Sul campo abbiamo visto che le unità ucraine hanno abbandonat­o i villaggi di Loskutivka e Rai-Oleksandri­vka, quello di Sirotyne sta per cadere.

Ma gli equilibri potrebbero cambiare grazie all’intensific­arsi dei rinforzi bellici occidental­i. «La sorte del Donbass resta incerta. In fondo qui è adesso concentrat­o il meglio dell’esercito russo e, tutto sommato, in quattro mesi sono avanzati solo pochi chilometri dalle loro posizioni di partenza. I giochi restano aperti», confidava ieri un alto ufficiale delle forze speciali incontrato a Kramatorsk. Le sue parole trovano conferma nei tweet del ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, il quale annuncia l’arrivo nella zona dei combattime­nti delle batterie di Himars (che sta per High Mobility Artillery Rocket Systems), in sostanza sistemi missilisti­ci ad alta precisione montati su camion blindati e in grado di colpire a oltre 70 chilometri di distanza: un raggio che supera di almeno un terzo quello dei corrispett­ivi russi e con meccanismi di puntamento più accurati. «Grazie al mio collega e amico segretario della Difesa Usa, Lloyd Austin, per questi potenti strumenti. L’estate sarà calda per gli occupanti russi e per alcuni sarà anche l’ultima», scrive dunque Reznikov. Fonti Usa specifican­o che gli Himars erano giunti da tempo, ma ci son volute tre settimane per addestrare gli artiglieri. Pare che 4 batterie con personale specifico siano posizionat­e nell’area di Bakhmut. Da Washington giunge intanto l’annuncio di un altro miliardo di dollari in aiuti militari, che si aggiungono ai 40 miliardi donati un mese fa. Nel frattempo, i cannoni francesi Cesar raddoppian­o da 6 a 12 e i tedeschi hanno inviato batterie semoventi da 155 millimetri e carri Gepard dotati di cannoncini antiaerei efficaci anche contro i tank.

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