«Occidente egoista, sì a colloqui» Mosca sostenuta dagli «emergenti»
Putin al summit virtuale dei Brics presieduto da Xi parla di de-dollarizzazione
IBrics «sono a favore di colloqui tra Russia e Ucraina» ha annunciato il sito web del Cremlino anticipando la dichiarazione congiunta. La frase ha un certo rilievo, visto che viene dal vertice in videoconferenza tra i leader di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (Brics è l’acronimo formato dalle iniziali dei cinque Paesi «emergenti»). All’incontro virtuale ha partecipato Vladimir Putin e il fatto che Mosca si sia affrettata a dare per prima la notizia del sostegno dell’organizzazione a discussioni di pace con Kiev, sembra un segnale di disponibilità dopo tre mesi di guerra. O forse, i russi vogliono segnalare di essere stati promotori della dichiarazione diplomatica.
Il vertice era presieduto da Xi Jinping, che ha rilanciato i suoi slogan per il multilateralismo, l’appello a «iniettare energia positiva nel mondo afflitto da turbolenze e sfide» e ha sparato per l’ennesima volta contro «le piccole cricche, i circoli chiusi per soli occidentali», che tradotto dal pensiero cinese significa il G7 che si riunirà domenica e che dal 2014 ha escluso la Russia per punirla dopo l’annessione della Crimea.
Soddisfatto per la nuova prova di appoggio politico da parte del suo «amico del cuore» cinese, Putin ha presentato ai colleghi videoconnessi (oltre a Xi, il brasiliano Jair Bolsonaro, l’indiano Narendra Modi e il sudafricano Cyril Ramaphosa) un quadro ottimista sulle possibilità di allargare la collaborazione commerciale «con reciproco vantaggio». Ha annunciato l’imminente apertura di una catena di supermercati indiani in Russia, un aumento delle importazioni industriali di Mosca da Pechino, in particolare nel settore delle auto; ha fornito cifre sul «riorientamento dei flussi commerciali» tra la Russia e i partner Brics: l’interscambio è cresciuto del 38% nel primo trimestre del 2022, raggiungendo i 45 miliardi di dollari. Lo zar colpito dalle sanzioni occidentali («egoiste e sconsiderate», ha detto) ha vagheggiato una controffensiva monetaria, sostenendo che i Brics potrebbero sfidare il dollaro costituendo una loro riserva internazionale «basata su un paniere di valute dei nostri cinque Paesi».
Il sogno della «de-dollarizzazione» è da tempo nella mente dei pianificatori cinesi, che lavorano all’internazionalizzazione del renminbi (la moneta del popolo che sulle banconote porta il volto di Mao). Putin si presta a fare da sponda al piano di Xi. I Brics valgono circa il 23% del Pil mondiale e il 16% dei commerci, ma la quota più importante è della Cina, che da sola conta per il 70% della potenza economica del gruppo.
Resta da vedere quanto sia l’entusiasmo di Brasile, India e Sudafrica per un progetto di disancoramento dal dollaro. Putin ha potuto mostrare di non essere solo nell’arena internazionale, ma gli altri leader nei loro interventi non hanno parlato di scontro con l’Occidente. Modi ha invocato sostegno per le start-up; Ramaphosa ha chiesto di combattere la povertà e la diseguaglianza, Bolsonaro ha detto che vuole «stabilità».
Coltivando i Brics, Xi segue la sua agenda di interesse nazionale, nuovi assetti globali. L’organizzazione è stata lanciata nel 2009, ha tenuto 14 vertici e costruito poco.
Il Quotidiano del Popolo scrive che il presidente lavora per allargare il campo, costituendo un «Brics Plus» aperto ad altri Paesi del Sud del mondo. Ci sono contatti con Argentina, Messico, Egitto, Nigeria, Senegal, Indonesia, Emirati Arabi. Il leader cinese vorrebbe fare il grande federatore degli «emergenti», portandosi al traino la Russia.
Per lui l’Ucraina è solo un diversivo. Anche ieri ha ripetuto la sua frase preferita di questi tempi: «Bisogna rifiutare la mentalità da guerra fredda, lo scontro tra blocchi e l’abuso delle sanzioni, meglio costituire una grande comunità per il futuro condiviso». Anche Xi ha invocato «una soluzione» per la guerra in Ucraina, ma continua a non spiegare quale.