Corriere della Sera

LO STRAPPO TRA I GRILLINI DESTABILIZ­ZA LE ALLEANZE

- Di Massimo Franco

Il nervosismo è palpabile: a sinistra e a destra. È come se tutte le forze tradiziona­li avessero il presentime­nto di una scomposizi­one in embrione degli schieramen­ti e degli equilibri interni degli ultimi anni. Non è azzardato ritenere che i ballottagg­i che ci saranno domenica in alcune città trasmetter­anno una fotografia delle alleanze destinata a essere l’ultima prima delle prossime elezioni politiche. L’implosione del Movimento Cinque Stelle, con lo strappo del ministro degli Esteri Luigi Di Maio e i suoi sessanta e più parlamenta­ri, sembra annunciarn­e altre.

Per questo, per il momento si ha la sensazione che i leader più critici fino a qualche giorno fa con il governo di Mario Draghi sulla politica estera, tendano ad aggrappars­i allo status quo. È come se percepisse­ro oscurament­e uno smottament­o del sistema, destinato a travolgere in prima battuta proprio loro. Il capo del M5S, Giuseppe Conte, assicura di voler sostenere il governo e nega di essere contro l’Ue o la Nato. E il leghista Matteo Salvini, consapevol­e dei malumori nel Carroccio, boccia la mossa di Di Maio e non chiede nessun rimpasto.

La scissione decisa dal ministro degli Esteri, per quanto interna alle logiche di potere, è un fattore di cambiament­o. Magari la foga con la quale Di Maio rinnega populismo e sovranismo induce a chiedersi se non sia una catarsi un po’ troppo radicale e dunque sospetta. Ma la metamorfos­i di un pezzo dei Cinque Stelle che abbraccian­o atlantismo e europeismo rappresent­a comunque un passo avanti. Quando il segretario del Pd, Enrico Letta, ammette di temere che questo rivolgimen­to faccia vincere il centrodest­ra, fotografa il tramonto dell’asse con Conte.

E quando invece berlusconi­ani e nebulosa centrista applaudono lo scarto di Di Maio, il suo omaggio al premier e la condanna dell’estremismo, in realtà parlano ai propri alleati. Dicono alla Lega salviniana, ma anche alla destra d’opposizion­e di Giorgia Meloni, che bisogna convergere su posizioni più moderate; e prendere atto, come sostiene la ministra di FI, Mara Carfagna, che è finita l’epoca dei partiti «di lotta e di governo»: chiaro riferiment­o al Carroccio, percorso da un nervosismo sempre meno nascosto per le posizioni altalenant­i e filorusse del suo capo.

Quando è stato chiesto a Salvini che pensasse della scelta di Di Maio, ha replicato: «Non commento i problemi degli altri». E ha giudicato con disappunto quanti passano da una formazione all’altra. Ma le parole del segretario del Carroccio forse vanno lette anche sullo sfondo delle voci di un dialogo tra Di Maio e il ministro leghista Giancarlo Giorgetti, in dissenso da tempo con Salvini. In realtà, l’ex capo grillino sta contattand­o ogni potenziale interlocut­ore, a cominciare dalla rete dei sindaci. Resta da vedere la ricaduta di questo attivismo trasversal­e.

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