Segre e i reati d’odio: «La mia eredità è parlare d’amore»
I numeri della nuova Commissione, vittima il 15% degli italiani. La senatrice a braccio: regolare i social
ROMA Il discorso preparato e stampato sulla carta è rimasto sul tavolo. Liliana Segre ha parlato a braccio ieri nella conferenza stampa convocata in Senato per la fine dei lavori della Commissione contro l’istigazione all’odio, presieduta e caldeggiata da lei. Ha parlato della sua vita, appena un velo di commozione.
«Sono molto contenta che ci sia questa commissione perché mi sembra che io debba lasciare un’eredità morale: non parlare di odio o di vendetta, ma di amore».
Un anno di lavoro, quasi cento audizioni: approvata all’unanimità, la relazione della commissione rappresenta uno spaccato inedito sui crimini d’odio nel nostro Paese.
«Sono la presidente essendo io la testimone ancora viva, l’istigazione all’odio l’ho vista nascere». Ha parlato a braccio la senatrice a vita e il ricordo è andato indietro nel tempo, a quando aveva 15 anni ed era appena tornata dal campo di sterminio.
«Ero una bambina brutta, grassa, selvaggia, incolta. Ero l’unica viva della mia famiglia. Avevo brucato nel letame, fatto la marcia della morte senza mutande, ero sfilata nuda davanti ai miei persecutori».
Non è morto e sepolto quel drammatico odio contro gli ebrei. Nella relazione c’è scritto chiaro e tondo che esiste ancora, assieme all’odio contro l’Islam, contro le donne, le persone Lgbtq+.
I dati Eurostat ci dicono che sono circa il 15% gli italiani che dichiarano di aver subito in un anno fenomeni discriminatori, o molestie, o atti di vero e proprio odio.
Sono questi tra i pochi dati ufficiali che misurano il fenomeno del carico d’odio nel nostro Paese.
Ed è per questo che nella relazione si segnala la necessità di averne di più e sistematici. È una sollecitazione per l’Istat. Poi ce ne è una per il Parlamento. Lo spiega Francesco Verducci, senatore del Pd e relatore della commissione: «Dalle conclusioni di questa indagine conoscitiva della commissione emerge chiaramente che serve un intervento normativo urgente di contrasto ai discorsi d’istigazione all’odio. Va raccolta la raccomandazione approvata a maggio dal Consiglio d’Europa».
Sul banco degli imputati internet e i social network. Lo spiega Liliana Segre: «Serve una regolamentazione perché, come dice l’Alto Commissario Onu per i rifugiati Michelle Bachelet, “devono essere le persone a decidere non gli algoritmi”». C’è un altro odio che pervade il nostro Paese: quello contro i clandestini. «Se non si è stati clandestini non si può capire cosa significhi. Non si può capire cosa voglia dire cercare un’altra vita, non si può capire cosa voglia dire essere respinti, quando dall’altra parte c’è la morte».
La conferenza stampa è finita, l’ultima testimonianza prima di andare via: «Ho diritto a una scorta non perché sono senatrice a vita, ma perché sono ancora bersaglio di discorsi di odio. Quando a 8 anni mi dicevano muori ero colpita, ma non capivo fino in fondo. Se me lo dicono adesso dico: ho 92 anni, non dovete aspettare molto».