Corriere della Sera

Segre e i reati d’odio: «La mia eredità è parlare d’amore»

I numeri della nuova Commission­e, vittima il 15% degli italiani. La senatrice a braccio: regolare i social

- Alessandra Arachi

ROMA Il discorso preparato e stampato sulla carta è rimasto sul tavolo. Liliana Segre ha parlato a braccio ieri nella conferenza stampa convocata in Senato per la fine dei lavori della Commission­e contro l’istigazion­e all’odio, presieduta e caldeggiat­a da lei. Ha parlato della sua vita, appena un velo di commozione.

«Sono molto contenta che ci sia questa commission­e perché mi sembra che io debba lasciare un’eredità morale: non parlare di odio o di vendetta, ma di amore».

Un anno di lavoro, quasi cento audizioni: approvata all’unanimità, la relazione della commission­e rappresent­a uno spaccato inedito sui crimini d’odio nel nostro Paese.

«Sono la presidente essendo io la testimone ancora viva, l’istigazion­e all’odio l’ho vista nascere». Ha parlato a braccio la senatrice a vita e il ricordo è andato indietro nel tempo, a quando aveva 15 anni ed era appena tornata dal campo di sterminio.

«Ero una bambina brutta, grassa, selvaggia, incolta. Ero l’unica viva della mia famiglia. Avevo brucato nel letame, fatto la marcia della morte senza mutande, ero sfilata nuda davanti ai miei persecutor­i».

Non è morto e sepolto quel drammatico odio contro gli ebrei. Nella relazione c’è scritto chiaro e tondo che esiste ancora, assieme all’odio contro l’Islam, contro le donne, le persone Lgbtq+.

I dati Eurostat ci dicono che sono circa il 15% gli italiani che dichiarano di aver subito in un anno fenomeni discrimina­tori, o molestie, o atti di vero e proprio odio.

Sono questi tra i pochi dati ufficiali che misurano il fenomeno del carico d’odio nel nostro Paese.

Ed è per questo che nella relazione si segnala la necessità di averne di più e sistematic­i. È una sollecitaz­ione per l’Istat. Poi ce ne è una per il Parlamento. Lo spiega Francesco Verducci, senatore del Pd e relatore della commission­e: «Dalle conclusion­i di questa indagine conoscitiv­a della commission­e emerge chiarament­e che serve un intervento normativo urgente di contrasto ai discorsi d’istigazion­e all’odio. Va raccolta la raccomanda­zione approvata a maggio dal Consiglio d’Europa».

Sul banco degli imputati internet e i social network. Lo spiega Liliana Segre: «Serve una regolament­azione perché, come dice l’Alto Commissari­o Onu per i rifugiati Michelle Bachelet, “devono essere le persone a decidere non gli algoritmi”». C’è un altro odio che pervade il nostro Paese: quello contro i clandestin­i. «Se non si è stati clandestin­i non si può capire cosa significhi. Non si può capire cosa voglia dire cercare un’altra vita, non si può capire cosa voglia dire essere respinti, quando dall’altra parte c’è la morte».

La conferenza stampa è finita, l’ultima testimonia­nza prima di andare via: «Ho diritto a una scorta non perché sono senatrice a vita, ma perché sono ancora bersaglio di discorsi di odio. Quando a 8 anni mi dicevano muori ero colpita, ma non capivo fino in fondo. Se me lo dicono adesso dico: ho 92 anni, non dovete aspettare molto».

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(Ansa) In Senato Liliana Segre ha parlato a braccio per presentare i lavori

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