Semilibertà per un killer di Graziella Campagna Il fratello: premiati i mafiosi
Il delitto nell’85. Sutera, in carcere dal 2008, farà volontariato
Una delle telefonate di solidarietà l’ha ricevuta da Beppe Fiorello, che interpreta proprio lui nella fiction che ha fatto conoscere al grande pubblico la tragedia della sorella, Graziella Campagna, uccisa ad appena 17 anni. «Mi è stato sempre vicino — dice Pietro Campagna — mi ha chiamato per dirmi che era sconcertato e indignato».
Lui invece ha una rabbia incontenibile. Sapere che il palermitano Giovanni Sutera, uno degli assassini di Graziella, ha ottenuto la semilibertà gli fa dire parole impensabili per un uomo che per 37 anni ha indossato la divisa di carabiniere. «L’hanno uccisa una seconda volta — attacca — se
Sutera è uno degli esecutori materiali del delitto, lo Stato è l’esecutore morale. Ho stracciato la tessera elettorale e mi vergogno di essere italiano… vorrei che fosse solo un sogno». Invece è tutto vero. Sutera potrà lasciare il carcere di Sollicciano per andare a fare volontariato. Una storia che si ripete. Già 13 anni fa, per motivi di salute, erano stati concessi i domiciliari all’altro esecutore materiale, Gerlando Alberti junior. Salvo poi scoprire che le sue condizioni erano perfettamente compatibili con il regime carcerario.
Sembra non avere pace la povera Graziella Campagna, che ogni giorno faceva la spola tra Saponara, nel Messinese, e Villafranca Tirrena. Lavorava in una lavanderia. In una giacca trovò un’agendina dalla quale capì che quel cliente che si faceva passare per l’ingegnere Cannata in realtà era il latitante Gerlando Alberti junior che si nascondeva a pochi passi dalla caserma dei carabinieri. Questo gli costò la vita. Venne uccisa la sera del 12 dicembre 1985 con cinque colpi di lupara sparati a bruciapelo. Una prima volta, nell’89, Sutera e Alberti, vennero prosciolti. Furono le indagini private dello stesso Pietro e le inchieste di Chi l’ha visto? a far riaprire il caso. E nel 2004 i due vennero condannati all’ergastolo, ma grazie all’indulto e a un ritardo nel deposito della sentenza tornarono in libertà. «Abbiamo dovuto affrontare il processo d’appello con quei due a piede libero in aula». Solo nel 2008 scattò la detenzione.
«Non hanno mai collaborato — afferma Pietro — non fanno i nomi degli insospettabili che li coprivano. E ora vengono pure premiati». Anche perché, conti alla mano, «tra le tante stranezze dei processi, Sutera per il delitto di mia sorella non ha scontato più di dieci anni». «Questa è una storia amara — aggiunge—, nel 2008, quando si preparava la fiction con Fiorello, il presidente della Corte d’Appello scrisse al ministro della Giustizia per bloccarla, perché poteva turbare la serenità dei magistrati. E il ministro scrisse alla Rai che la bloccò. Ma è normale tutto ciò?».
Il ricordo della sorella è una ferita aperta. «Come se fosse successo ieri. Quegli ergastoli ci mantenevano calmi… ma ora lo Stato ci ha dato il colpo di grazia. Ci siamo affidati alla giustizia e siamo stati traditi». Trema ancora quando pensa al calvario di Graziella: «Il suo orologio, che tengo sempre con me, si è fermato alle 22.20 e lei è scomparsa alle 19,45. Per tre ore è stata in balia di questa gente. Io l’ho visto il cadavere. L’hanno fatta mettere in ginocchio e le hanno sparato senza pietà. Non posso dimenticare, come non posso dimenticare le urla strazianti di mia madre. Spesso la notte mi sveglio e le sento ancora».
La telefonata
Beppe Fiorello è stato Pietro Campagna in una fiction: ieri la telefonata di solidarietà