Corriere della Sera

LA GUERRA GLOBALE FA VITTIME MOLTO LONTANO DAL TERRENO

Asimmetric­a Non solo perché è fatta sul campo virtuale, dei media e della rete, soprattutt­o perché deflagra nel teatro dell’economia globale, con una strategia mai sviluppata prima

- Di Giulio Tremonti

La guerra in Ucraina è una guerra di tipo nuovo: è la prima guerra di tipo globale. Globale perché non è fatta solo con armi convenzion­ali, ma anche con armi che sono appunto «globali».

Finita l’illusione che quella in Ucraina non fosse una vera e propria guerra, ma solo uno scontro limitato nel tempo e limitato geografica­mente, finita l’illusione del Cremlino che l’Ucraina fosse poco più che un campo da football, oggi la realtà ci si presenta in termini totalmente nuovi.

Certo ci sono state guerre mondiali, mondiali perché fatte su scala mondiale, ma tuttavia erano guerre fatte con logiche e strategie in sostanza non diverse da quelle applicate nelle guerre dei secoli passati. Oggi quel che accade è diverso.

Sempre le guerre hanno causato migrazioni e fame e crisi economiche, ma tutti questi erano effetti direttamen­te conseguent­i alla guerra e sostanzial­mente limitati ai Paesi in guerra. Oggi è diverso, sta diventando diverso, molto diverso. Gli effetti negativi della guerra in Ucraina, ed ormai quelli che ne sono gli effetti più negativi, non si presentano infatti solo in loco, non sono conseguent­i ad atti di guerra convenzion­ale e non sono limitati ai Paesi in guerra. Certo al principio ci sono stati in Ucraina terrore e masse di profughi e distruzion­e, ma oggi si vede che è stata sviluppata e che è in atto una escalation, una modernissi­ma evoluzione nella strategia di guerra.

Con il blocco sul grano e sui fertilizza­nti la fame è infatti strategica­mente pianificat­a per prendere corpo in altre parti del mondo, pianificat­a come arma per minacciare o causare migrazioni dall’Africa verso i Paesi europei, che non sono in guerra.

Analoga obliqua strategia è praticata sulla energia, per causare effetti di inflazione e recessione nell’ economia di Paesi che pure non sono in guerra. Tutto questo è un modo nuovo per fare la guerra ed è una tecnica che è possibile proprio perché il mondo (che è stato) globale permette l’uso di armi improprie ed in specie consente lo sviluppo asimmetric­o della guerra.

Asimmetric­o non solo perché è guerra fatta sul campo virtuale, sul campo dei media e della rete, asimmetric­o soprattutt­o perché è guerra fatta fuori dal teatro di guerra, nel teatro dell’economia globale. Si può dire che in questo modo la guerra prosegue con altri mezzi, con l’applicazio­ne nuova ed epocale di una strategia mai finora sviluppata in questi termini. Ed anche applicazio­ne di una mentalità da «gangster» e del resto, e non per caso, nella strategia dei traffici sul grano e sui fertilizza­nti è evidente il ruolo

”La fame

Con il blocco sul grano e sui fertilizza­nti è pianificat­a come arma per minacciare o causare migrazioni

”L’energia

Per causare effetti di inflazione e recessione nell’economia di Paesi che non sono sui campi di battaglia

di potenti mafie e cleptocraz­ie.

Trenta anni fa le elite globali ci hanno graziosame­nte reso noto che era finita la storia e con questo ci hanno detto che per l’uomo nuovo, in un mondo nuovo lubrificat­o dalla finanza, era finita anche la guerra.

Anni fa mi è capitato di scrivere che, per effetto dell’instabilit­à che sarebbe stata prodotta dalla crisi della globalizza­zione, tutto questo avrebbe prodotto «guerre e conflitti in aree del mondo che più o meno ancora coincidono con i vecchi luoghi della storia (nei Balcani, nel Medio Oriente, nel Mediterran­eo, nel Corno d’Africa, ecc.), dove si gioca la partita degli spazi esterni, la partita dell’energia, del petrolio e del gas».

Il mondo che oggi sta venendo fuori, ma che già allora era prevedibil­e ed oggi è infine evidente che è un mundus furiosus («Mundus furiosus», 2016).

Certo oggi l’Occidente si sta difendendo ma, dato il nuovo scenario geopolitic­o che si sta così e drammatica­mente sviluppand­o, pare arrivato il momento di notare che anche dal nostro lato qualcosa non va. È sempre più chiaro in specie che l’Occidente non può essere guidato, come finora, da più o meno occasional­i turisti della storia.

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