Mps, aumento da 2,5 miliardi «Così il ritorno al dividendo»
Il piano di rilancio prevede 4 mila esuberi, spinta su digitale e sostenibilità
«Mps fa parte del patrimonio culturale e sociale del Paese. Può tornare ad avere un ruolo nel sistema bancario italiano ed europeo». Luigi Lovaglio, il ceo che a febbraio ha preso le redini del Monte dei Paschi, ha fatto appello alla storia dell’istituto senese presentando il nuovo piano industriale al 2026 per il rilancio della banca al quale ha lavorato con la presidente Patrizia Grieco e tutto il cda. Un progetto che dovrebbe riportare anche al dividendo, con un pay-out del 30% sul bilancio del 2025, dopo un 2024 che punta a un miliardo di utile. Farà da traino Widiba, «una delle piattaforme digitali più grandi in Europa, con circa 550 consulenti finanziari». Mps investirà 30 milioni dei 150 l’anno, meno di quelli passati ma più focalizzati su bancassicurazione, wealth managent e credito al consumo che spingeranno i ricavi a 3,29 miliardi.
Lovaglio, il quarto ceo che si è insediato a Siena in un decennio, gioca le sue carte su un modello di banca commerciale «semplice e chiaro» per il rilancio, dopo anni di perdite e interventi straordinari. «La banca si libererà della polvere che ha addosso perché ha un enorme potenziale. Sarà una banca con un modello sostenibile, più efficiente, pronta per affrontare eventuali turbolenze, in grado di competere e di generare capitale», ha detto Lovaglio, il cui piano passa anche da circa 4 mila uscite volontarie con il ricorso al fondo di solidarietà che scade a novembre, fatto che potrebbe portare a 3.500 uscite da gennaio. Mps realizzerà così risparmi annui attorno ai 270 milioni nel 2023, con costi per 800 milioni.
Il nuovo piano industriale «sarà affrontato, come sempre, dai vertici della banca con i coordinamenti sindacali Mps e soltanto allora ci saranno gli approfondimenti per verificare se esistono le condizioni di un accordo sindacale. Dal punto di vista politico, la vera sfida è di assicurare a Mps una longevità che vada ben oltre la scadenza del piano», ha detto il segretario della Fabi, Lando Sileoni.
Mps chiuderà 150 filiali non performanti per arrivare a 1.200 sportelli. Il piano «A Clear and Simple Commercial Bank» contiene un nuovo percorso di banca commerciale che correrà parallelo all’aumento di capitale di 2,5 miliardi nel quarto trimestre da sottoporre all’assemblea a metà settembre. «Abbiamo l’appoggio del Mef e di un consorzio di banche», ha detto Lovaglio. C’è l’impegno del ministero guidato da Daniele Franco a sottoscrivere il suo 64%. Ed è stato siglato l’accordo di pre-underwriting pe un consorzio di garanzia con Bofa, Citi, Credit Suisse e Mediobanca, coordinatori dell’offerta. Sono in corso «dialoghi molto positivi» con la Bce, che si trasformeranno ora in «application» per l’approvazione dell’aumento perché la banca cambia lo statuto. «Siamo stati informati che le trattative» tra l’Italia e l’Ue «sono avanzate», ha detto il ceo che vede «la banca vivere un periodo di grazia con le istituzioni che danno fiducia». Mps torna «su una traiettoria di sviluppo e riconquisterà un solido livello di capitale», ha aggiunto la presidente Patrizia Grieco.
L’aumento porterà il Cet1 ratio al 14,2% nel 2024 e al 15,4% nel 2026 e dovrà essere a condizioni di mercato. Saranno quindi centrali sia istituzionali sia privati. «Siamo pronti a discutere con i nostri partner industriali», Axa e Anima, «nel caso in cui ci fosse interesse potrebbero rivestire il ruolo di anchor investor. Per il momento teniamo partner industriali e aumento distinti», ha detto Lovaglio. Il Tesoro intanto negozia con DgComp una proroga per la privatizzazione. «Ora però è fondamentale concentrarsi sul piano», ha detto il ceo che ha al suo attivo il lavoro nel gruppo Unicredit e poi in Creval, che agli investitori promette un upside. Inizierà la prossima settimana a presentare loro il piano che punta a un utile ante imposte di 705 milioni nel 2024 e di 909 milioni nel 2026 (1 miliardo di crediti di imposta), tagliando il rapporto costi-ricavi dal 71% del 2021 al 60% nel 2024. Il primo passo sarà la semplificazione. L’aumento della redditività contribuirà alla riduzione dello stock di crediti deteriorati dagli attuali 4,1 miliardi a 2,8 miliardi nel 2026 (800 milioni di cessioni in corso). Così il net npe ratio scenderà dal 2,6% all’1,9% e poi all’1,4%. Restano le pendenze giudiziarie con ex manager che potrebbero anche evolvere a favore della banca.