Distretti, corre l’export Un tesoro da 133 miliardi
Gros-Pietro (Intesa Sanpaolo:) da gennaio 15 miliardi alle Pmi
Il giro d’affari dell’anno passato ha superato del 4,3% quello pre-pandemia a 293,2 miliardi. L’export ha sfiorato i 133 miliardi di export, un record. I distretti industriali — certifica il quattordicesimo rapporto dedicato di Intesa Sanpaolo — si mettono alle spalle il Covid e il rimbalzo del 25,2% del 2021 ne ha allungato il salto, complice il +19,3% di commercio con l’estero, ai primi tre mesi del 2022. «Sta emergendo qualcosa di importante — nota il chief economist di Ca’ de Sass, Gregorio De Felice —: l’industria italiana, sia per esportazione che per dati di produzione, registra risultati migliori di quella tedesca, che sta invece subendo un contraccolpo sugli approvvigionamenti».
Inoltre, come rileva Fabrizio Guelpa, responsabile servizio Industry & banking research, «non è solo un fattore di competitività: i tedeschi sono stati zavorrati dal loro 20% di automotive, da noi la quota di manifattura auto è andata riducendosi, per cui non abbiamo sofferto di un aspetto settoriale, anzi abbiamo beneficiato di altri legati alla pandemia come il food». La produzione industriale italiana è cresciuta del 2,1% mentre quella tedesca è arretrata dell’1,1% da gennaio ad aprile.
Nello stesso arco di tempo la guerra in Ucraina ha modificato i prezzi delle materie prime e paralizzato due mercati, quello russo e quello ucraino, che nel 2021 pesavano per 3,2 miliardi di euro (il 2,4% del totale). Un’ulteriore prova, dopo il cigno nero del Covid, che ha spinto le imprese dei sistemi cari a Giacomo Becattini ad adottare precise strategie per adattarsi ai rincari e ai colli di bottiglia. «La maggioranza delle imprese reagisce traslando l’aumento dei costi sui prezzi finali, questo perché sono posizionate su fasce di prodotto medio-alte. In secondo luogo adottando ulteriori processi di efficienza e in terzo luogo rivedendo le politiche di magazzino», spiega De Felice.
Poi c’è il tema della catena di valore: i cluster stanno cercando fornitori più vicini, il 30% circa nella propria regione, il 50% in Italia. La distanza media degli approvvigionamenti è molto contenuta, benché aumentata nel corso della pandemia: nel 2021 è stata pari a 116 chilometri, 24 in meno rispetto alle aree non distrettuali. «La nostra competitività poi non è basata solo sul prezzo: ci stiamo posizionando sempre più su prodotti di alta qualità, la quota di imprese che brevettano è oltre il 70%, questo significa fare innovazione e cercare nuovi mercati». Non bastasse, si può contare su 845 champion, pari al 4,7% del totale, che negli ultimi tre anni hanno assunto, aumentato la patrimonializzazione e l’Ebitda: sono soprattutto in Lombardia e Veneto. Nella classifica dei migliori cluster, Intesa mette al primo posto le macchine agricole di Padova e Vicenza, seguite dalle componenti della Val d’Elsa e dalle macchine agricole di Reggio Emilia.
Fin qui le luci. Lo studio di Intesa però evidenzia anche le ombre: scarsa propensione al ricambio generazionale e una scarsa diffusione della cultura universitaria. «Abbiamo un’Italia fantastica che è fatta di unità produttive con grandi competenze — ha commentato Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo —. Nei primi 5 mesi dell’anno abbiamo erogato 15 miliardi di euro di credito alle piccole e medie imprese e questo le aiuterà, così come ne aiuteremo altre, ad aumentare l’innovazione e anche la penetrazione nel mercato internazionale».