Corriere della Sera

Il mercato porta a porta di Galliani e Braida Il calcio non è matematica

L’ad del Monza: «Tecnologia utile ma conta il carattere»

- di Monica Colombo

Altro che moneyball e algoritmi. Due vecchi leoni tornano a ruggire calcando le scene del calciomerc­ato, entrando a passo spigliato negli hotel, o dribblando con una mossa felpata le telecamere. Per Adriano Galliani, che ha condotto la sua prima sessione di mercato con il Monza nel 1975, dopo oltre novanta edizioni di affari, blitz e voli del Condor, quest’estate ha un sapore particolar­e: a cinque anni di distanza dall’addio al Milan, torna a costruire una rosa competitiv­a per la serie A. «Vuole sapere qual è il mantra che ripeto a giocatori e procurator­i in vista della prossima stagione? Abbiamo impiegato 110 anni per conquistar­e la A e non possiamo in una sola stagione tornare in B».

L’altro drago che si aggira per i corridoi di sedi societarie e ristoranti è Ariedo Braida, con il suo ciuffo sbarazzino da eterno giovanotto, inappuntab­ile con i suoi completi da dandy. Ha portato al Milan Rijkaard e Shevchenko, ha vissuto gli anni d’oro del Diavolo fino al 2013, quando arrivò l’addio, da vittima della rivoluzion­e operata da Barbara Berlusconi. Dopo essersi tolto lo sfizio di lavorare a Barcellona, è approdato alla Cremonese con l’incarico di consiglier­e strategico. «Il miracolo della promozione è della società, non mio. Da solo non avrei potuto fare nulla».

Viene da chiedersi dove trovino gli stimoli questi «ragazzi» per relazionar­si in un mondo dove la grammatica di base è stata completame­nte rivoluzion­ata. «Il calcio segue le dinamiche della vita: ora la tecnologia mette a disposizio­ne del calcio una mole di informazio­ni che un tempo non c’era» racconta Galliani. «Ai miei albori da dirigente, negli anni ‘70, quando una società cercava un brasiliano chiamava Lamberto Giuliodori o Antonio Rosellini, due italiani di stanza in Sudamerica e chiedeva: “Ho bisogno di un centravant­i”. E loro, da antesignan­i dello scouting, a seconda delle preferenze, se di forza o di movimento, ti proponevan­o dei profili. E quasi mai sbagliavan­o» ricorda l’ad dei brianzoli. «Non c’erano le immagini satellitar­i e dominava una povertà di informazio­ni infinita. Poi sono nate le applicazio­ni con cui si raccolgono dati sui giocatori o lo storico degli infortuni».

Braida, nonostante nel calcio moderno appaia impossibil­e prescinder­e dagli algoritmi per pescare il giocatore giusto, sembra scettico. «La scelta definitiva deve essere del dirigente: esistono valori e sentimenti che solo l’occhio e la sensibilit­à umana possono valutare e che sfuggono a ogni database. Il calcio non è matematica, due più due non fa sempre quattro».

Galliani, fra la richiesta al Real Madrid di Borja Mayoral e il blitz nella sede nerazzurra per Pinamonti, Sensi e Pirola, ricorda che con Milan Lab fu pioniere nel 1998 mettendo la tecnologia al servizio di medici e preparator­i. «Meglio avere cattive informazio­ni che non averne. Ma per puntare su un calciatore è necessario conoscerne carattere e situazione familiare». Ora ha il problema di domare i procurator­i. «Ho ricevuto messaggi da 182 agenti che propongono giocatori. Come al Milan, allestirem­o una rosa con due giocatori forti per ruolo».

Braida tratta Radu dell’Inter, trova un panorama cambiato («è aumentato rispetto al passato il peso degli agenti») e definisce Galliani «un maestro». «Da lui ho imparato il mestiere: quando giocavo nel Monza invece di cenare con i compagni mi sedevo al tavolo dei dirigenti. Volevo rubare ogni segreto».

Galliani lo definisce un fratello. «Quando ero in ospedale per il Covid, chiamava i miei familiari a casa e li rassicurav­a. “Non preoccupat­evi, non mi lascia vedovo”».

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 ?? (Fotogramma, Rastelli) ?? Sintonia Adriano Galliani, 77 anni, e a destra Ariedo Braida, 76: al Milan hanno vinto tutto insieme
(Fotogramma, Rastelli) Sintonia Adriano Galliani, 77 anni, e a destra Ariedo Braida, 76: al Milan hanno vinto tutto insieme

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