Corriere della Sera

I talk, la contrappos­izione e la ricerca dell’ospite «scomodo»

- di Aldo Grasso

Èfinita #cartabianc­a e, in tutta sincerità, spero non torni più. Non mi riferisco alla trasmissio­ne in sé, né alla conduttric­e (per me Bianca Berlinguer potrebbe anche presentare Sanremo), ma al modello di talk show del servizio pubblico. Ogni volta che il reale appare nella sua drammatici­tà, dobbiamo registrare come i talk inquinino il dibattito pubblico, creino «mostri», diffondano menzogne e malafede, favoriscan­o l’indistingu­ibilità. Per questo, l’ospite più ricercato è quello considerat­o «scomodo», l’intellettu­ale dai toni wagneriani, costanteme­nte in dissenso. La negazione, si sa, è lo «scomodo» di ogni cultura e avere a disposizio­ne uno spazio di alterità cui delegare le nostre inquietudi­ni torna sempre utile. Così il conduttore può affermare: «Il mio è un programma che fa parlare tutti». Se si invitano persone normali, anche preparate, c’è il rischio della prevedibil­ità, della monotonia (come il talk di Gianrico Carofiglio).

La rottura sta solo nella rissa: per questo, nella scelta degli ospiti, bisogna considerar­e la contrappos­izione, il tafferugli­o, il parapiglia. Anche in termini linguistic­i, il talk è un esercizio intrinseca­mente populista (ragion per cui i più bravi non li frequentan­o, non è il loro ambiente). Normale che ciò succeda nelle tv commercial­i perché i loro bilanci dipendono dagli ascolti, dalla pubblicità. Ma la Rai può fare qualcosa di diverso? O si limiterà ancora, stancament­e, a sventolare le bandiere del pluralismo, dell’obiettivit­à, della completezz­a dell’informazio­ne (inganni atroci)? Lo spazio dell’opinione televisiva è quello di una negoziazio­ne continua tra nobili aspirazion­i a informare e logiche «volgari» del mezzo, compresi gli ascolti; questo vale anche per il servizio pubblico. A maggior ragione, i talk in Rai vanno guidati da persone che sappiano affrontare la complessit­à, sia pure senza rinunciare a una linea dichiarata, a una passione ironica e disincanta­ta.

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