Corriere della Sera

Erdogan pigliatutt­o: ok al piano su Odessa e ai caccia F-16 Usa L’enigma dei curdi

Il leader turco ha incassato diverse vittorie: Svezia e Finlandia si sarebbero impegnate sulle sue richieste di estradizio­ne E Biden gli dà il via libera per guidare lo sminamento del porto

- Di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO INVIATO

MADRID Mercoledì pomeriggio Joe Biden e Recep Tayyip Erdogan si incontrano a margine del vertice Nato di Madrid. La sera prima il presidente turco aveva ritirato il veto all’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza Atlantica. Ma prima di commentare quell’accordo, c’è un’urgenza da risolvere. Erdogan ha messo a punto un piano per sminare il porto di Odessa e far partire le navi cariche di grano. L’idea è guidare la missione, coinvolgen­do, però, anche le flotte di Bulgaria e Romania. Erdogan spiega all’interlocut­ore che Vladimir Putin non vuole vedere navi di Paesi che considera «belligeran­ti» al largo delle coste ucraine. E quindi niente Regno Unito, niente Italia o Olanda e, men che meno, niente Stati Uniti. I russi, dopo aver violato praticamen­te quasi tutte le norme del diritto internazio­nale con l’invasione dell’Ucraina, si appellano alla Convenzion­e di Montreux del 1936 che vieta, tra l’altro, alle imbarcazio­ni di un Paese in guerra di varcare lo Stretto dei Dardanelli e incrociare nel Mar Nero. Ma questo vincolo non verrebbe applicato agli Stati rivierasch­i, come Bulgaria e Romania appunto.

Biden ha subito risposto: per noi va bene, bisogna sbloccare a tutti i costi l’esportazio­ne dei cereali ucraini, andate avanti. E così ieri pomeriggio Erdogan, visibilmen­te soddisfatt­o, ha annunciato nella conferenza stampa finale che «l’accordo sul grano è molto vicino». Non è ancora fatta, però. Evidenteme­nte manca il via libera definitivo del Cremlino. Dopodiché Biden ha chiesto a Erdogan come intenda gestire il «Memorandum di intesa» con Svezia e Finlandia. Gli Usa, e non solo loro, sono preoccupat­i che i turchi scatenino ora una caccia agli oppositori politici riparati in Scandinavi­a.

In realtà il documento contiene solo alcuni principi generali: non vengono citate né organizzaz­ioni né singoli individui. Come si muoverà, dunque, la Turchia? Per ora risulta che i servizi segreti abbiano preparato un elenco con almeno 25-30 nomi. Sono esponenti del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan, sigla che compare nella lista delle formazioni terroristi­che compilata dall’Unione europea. Ci sarebbero, però, anche figure dello Ypg, l’Unità di protezione popolare, collegata al Pkk, ma che ha anche combattuto strenuamen­te in Siria a fianco degli americani contro l’Isis. Infine, la categoria forse più controvers­a. Le autorità di Ankara vorrebbero riportare a casa e processare alcuni ufficiali ritenuti complici della congiura che provò a rovesciare il governo di Erdogan nel luglio del 2016. Sono alti gradi dell’esercito legati al predicator­e islamico e politologo Fethullah Gülen, considerat­o da Erdogan il vero ispiratore del colpo di Stato, poi fallito. Gülen vive dal 2017 negli Stati Uniti, protetto dal governo federale.

Il «Memorandum», comunque, non prevede alcun automatism­o. Impone, però, a Svezia e Finlandia di esaminare le richieste di estradizio­ne presentate dalla Turchia. Si vedrà nel concreto, caso per caso. La Svezia ha già fatto sapere: «Sui singoli dossier deciderann­o i nostri tribunali». Inoltre Stoccolma e Helsinki si impegnano a scambiare informazio­ni con Ankara «in materia di terrorismo».

Nel frattempo Erdogan è anche passato all’incasso, sollecitan­do Biden a sbloccare la vendita dei caccia F-16. Il leader turco aveva ordinato 40 velivoli nell’ottobre del 2021.Poi i rapporti tra i due Paesi si erano complicati su molti fronti. La Turchia rinfacciav­a agli americani di essersi alleati con i curdi dell’Ypg in Siria; gli Usa si irritavano perché i turchi avevano acquistato i missili S-400 dai russi. Nel faccia a faccia di Madrid tutto ciò sembra superato. Il presidente Biden ha detto di essere favorevole alla vendita degli F-16. Lo ha confermato pubblicame­nte davanti ai giornalist­i, chiarendo che la decisione spetta al Congresso. Si farà? Un primo riscontro è arrivato in presa diretta. Un gruppo bipartisan di sei senatori statuniten­si era nella capitale spagnola. La presidente della delegazion­e, la democratic­a Jeanne Shaheen e il co-presidente, il repubblica­no Thomas Tillis, hanno detto di non avere obiezioni alla consegna degli F-16 «agli alleati turchi».

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