Strage del treno, 5 anni a Moretti Tensione (e scuse) con i parenti
Viareggio, l’ex ad di Ferrovie condannato in appello. La difesa: «Grave precedente»
FIRENZE Tredici condanne, tredici anni dopo. E un processo che ancora non è finito. «Ma adesso sentiamo profumo di giustizia perché questa sentenza riconosce la responsabilità degli allora vertici di Ferrovie dello Stato e Rfi», commenta Tiziano Nicoletti, uno degli legali dei familiari delle vittime.
La sentenza, la quarta, è quella dell’Appello bis sulla strage ferroviaria di Viareggio (29 giugno 2009, 32 vittime) che si è chiuso ieri a Firenze dopo la decisione della Cassazione di rideterminare alcune delle pene comminate in un precedente dibattimento. Tra i condannati anche Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana e di Ferrovie dello Stato. I giudici fiorentini hanno inflitto all’ex super manager cinque anni di carcere.
Ci sarà un nuovo ricorso alla Suprema Corte, ma se dovesse essere confermata la pena per Moretti si aprirebbero le porte del carcere. È stato riconosciuto colpevole di disastro ferroviario colposo, incendio e lesioni colpose. L’accusa aveva chiesto una pena di 6 anni e 9 mesi. Nel primo appello Moretti era stato condannato a 7 anni.
Rideterminate in parte le pene e le posizioni (con tre assoluzioni) degli altri 15 imputati — nella requisitoria il pg, Sergio Affronte, aveva chiesto per loro pene complessive per più di 91 anni di carcere — tra i quali l’ex amministratore delegato di Rfi Michele Mario Elia e Vincenzo Soprano, ex Ad di Trenitalia (condannati a 4 anni, 2 mesi e 20 giorni). Assolti il tedesco Joachim Lehmann, supervisore e responsabile esami Jungenthal, Francesco Favo, addetto alla sicurezza per la sicurezza di Rfi, e Emilio Maestrini, responsabile dell’unità produttiva direzione ingegneria, sicurezza e qualità di sistema di Trenitalia.
«È una sentenza deludente e rischiosa — commenta Ambra Giovene, difensore di Mauro Moretti —. Perché una condanna a 5 anni per un processo senza prove è un teorema. Il rischio è che sia riconosciuta la responsabilità oggettiva di colpe non commesse. Sono stati condannati vertici aziendali e sono state assolte altre posizioni e questo per noi è incomprensibile. Un precedente pericoloso: essere al vertice di una società non significa dover anche verificare i processi di manutenzione di un’officina tedesca».
È stata una giornata ad alta tensione, quella di ieri. Generata anche dalla decisione di Mauro Moretti di rilasciare dichiarazioni spontanee in apertura di udienza. Non era mai accaduto prima. Parole inattese nelle quali l’ex amministratore delegato di Ferrovie si è rivolto ai familiari chiedendo scusa per le frasi che gli erano stati attribuite. «Io non mi riconosco in quelle parole e in questi anni ho avuto tempo per riflettere. Sento il dovere di dire che se comunque la rappresentazione di quelle frasi e quei comportamenti hanno causato in voi dolore e risentimento, non c’era nessuna intenzione da parte mia di suscitarli. E, per questo, vi chiedo scusa». Parole che hanno provocato una contestazione dei familiari che hanno voltato le spalle alla corte. Poi Moretti ha citato Romano Prodi e l’indirizzo dell’allora governo, respingendo l’accusa di essere il protagonista di una politica aziendale a favore dell’Alta velocità e non della sicurezza.
E ha svelato un particolare inedito. «Il premier Prodi nel 2006 mi disse che la Tirrenia era fallita, così come l’Alitalia e non potevamo permetterci che fallissero anche le Ferrovie dello Stato». E ha specificato che «gli autori della politica sull’Alta velocità furono il governo e il Parlamento italiano».