Nozze tra donne, in Italia sono la metà di quelle tra uomini
I numeri dall’entrata in vigore della legge Cirinnà. La scelta, più rara fra i gay, di non fare coming out
Di nozze come quelle che saranno celebrate domani tra Paola Turci e Francesca Pascale in Italia non ce ne sono state mai. Non solo perché sono le donne finora più conosciute a unirsi (tra le celebrità italiane si conta per altro un solo precedente, l’unione civile tra l’attrice Eva Grimaldi e l’attivista Imma Battaglia). Ma anche perché fino ad adesso neanche si sapeva ufficialmente che fossero una coppia.
A differenza di come è andata per altri volti notissimi, uomini in questo caso, che prima di stringere unioni e nozze hanno fatto coming out e annunciato di essere fidanzati: Tiziano Ferro, che si è sposato in America, e più di recente il giornalista tv Alberto Matano.
Liberissime, si dirà. E in effetti quella di mantenere la riservatezza e di non fare coming out è una sacrosanta libertà, anche per i famosi e le famose. Ma l’unione tra Turci e Pascale segna uno spartiacque. Finora rivendicare il diritto alla privacy per le donne — lesbiche, bisessuali, pansessuali o comunque in coppia con altre donne — significava in pratica scegliere di non mostrarsi, cioè nascondere il fatto di stare con una donna. Il rito che domani unirà Turci e Pascale è invece un atto sommamente pubblico, che dice al resto della società «noi siamo una coppia». È il senso del matrimonio.
La loro unione è dunque la manifestazione dei tempi ormai cambiati: rivendica il diritto a non dover spiegare né giustificare chi si è, senza però cedere di fronte all’omofobia e alla paura che nel passato (talvolta ancora nel presente) hanno spinto molte coppie a rimanere nell’ombra o nel conforto del non detto. Secondo il metodo Kristen Stewart. E chissà se cambierà qualcosa anche nella percezione delle unioni tra donne, che finora in Italia rimangono una minoranza nella minoranza: più del 60% delle oltre 15.300 unioni civili che si sono celebrate tra il 5 giugno 2016, quando è stata approvata la legge, e il settembre 2021 (l’ultimo dato disponibile), sono gay. Significa che le coppie di uomini riconosciute per legge sono circa il doppio di quelle di donne.
L’unione tra Turci e Pascale, però, non rappresenta nemmeno la fine dell’«eccezione» forzata lgbt+. Perché non è un matrimonio, ma appunto un’unione civile. La legge italiana è l’unica nell’Europa occidentale insieme a quella greca a prevedere un istituto a parte per le coppie dello stesso sesso. Costruito apposta per distinguersi dal matrimonio: dalle pubblicazioni che non ci sono, al rito (in cui le consorti sono chiamate costantemente «parti dell’unione civile»: parti, non persone), ai diritti. A differenza del matrimonio egualitario che vige dall’Islanda all’Austria, infatti, le unioni civili prevedono diritti ridotti: riconoscono quelli patrimoniali (e forse è per questo che si sposano più gli uomini: hanno ancora più patrimoni da regolare) ma non quelli genitoriali. Neppure l’adozione.
60 Per cento
Oltre il 60 per cento (dato al settembre 2021) delle unioni civili che sono state celebrate nel nostro Paese riguardano coppie di uomini
15
Mila
Le unioni civili (esattamente 15.300) celebrate in Italia dal 5 giugno 2016, quando è stata approvata la legge, al settembre 2021 (ultimo dato disponibile)