Corriere della Sera

LIBIA, ALTRO FRONTE TRA PETROLIO E MERCENARI «RUSSI»

- di Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Mai come in questo momento il caos interno libico risulta funzionale alla Russia di Vladimir Putin, oggi più di prima interessat­a a ricattare l’Italia e in generale l’Europa occidental­e sulla questione energetica. L’urgenza del problema è evidente: più i Paesi legati alla Nato sosterrann­o la difesa militare ucraina contro l’invasione, maggiore sarà l’impegno di Mosca a destabiliz­zarli in ogni modo. Il ricorso all’aumento sistematic­o dei prezzi di gas e petrolio, se non addirittur­a il taglio radicale delle forniture, diventano a tutti gli effetti armi di battaglia che vedono il nostro Paese coinvolto in prima linea.

È questo il motivo fondamenta­le per cui i consueti scontri tribali e tra le varie milizie libiche sono stati letti agli ultimi summit del G7 e della Nato come parte del conflitto molto più ampio scatenato dalla mossa russa del 24 febbraio scorso. E ciò spiega la nuova determinaz­ione americana a marginaliz­zare sia Khalifa Haftar che Saif Al Islam, i due personaggi che — sebbene in competizio­ne tra loro nel cercare consensi tra gli ex sostenitor­i del regime di Muammar Gheddafi deposto dalla rivoluzion­e assistita dalla Nato nel 2011 — negli ultimi anni hanno trovato sostegni e aiuti alla corte di Putin. La necessità che i circa 1.600 «mercenari» russi della Wagner, attestati tra Sirte, Bengasi e l’oasi di Sebah nel Fezzan, vengano espulsi al più presto è ribadita con determinaz­ione sempre maggiore. Poco però lascia sperare che lo scontro frontale tra il governo di Fathi Bashaga in Cirenaica e quello di Abdelhamid Dbeibah a Tripoli venga davvero superato, come prova il nuovo fallimento degli incontri a Ginevra nelle ultime ore, per cercare tra l’altro di trovare un’intesa sulle prossime elezioni.

Il fatto più rilevante resta che la produzione di greggio libico è scesa da un miliardo e 200.000 barili quotidiani pochi mesi fa a meno di 600.000. In Cirenaica risulta bloccata e lo stesso potrebbe avvenire in Tripolitan­ia, dove ancora opera l’Eni.

Il mandato della rappresent­ante Onu per la Libia, Stephanie Williams, termina in questi giorni e il rinnovo di un mese appare soltanto come un disperato palliativo. Mosca briga per boicottare la nomina di un successore proprio con l’obiettivo di impedire ogni soluzione.

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