Contratti a termine record: 3,2 milioni, come nel ’77
A maggio 96 mila rapporti stabili in meno. Orlando: ridurre il disequilibrio
A maggio sono calati gli occupati: 49 mila in meno. Colpa soprattutto della diminuzione dei dipendenti a tempo indeterminato: ben 96 mila mancano all’appello rispetto ad aprile. Un taglio di posti compensato solo in parte dall’aumento dei contratti a termine (14 mila in più sempre nel giro di un mese) e dalla crescita dei lavoratori autonomi che arrivano a sfiorare quota 5 milioni con un aumento di 33 mila unità a maggio. Fatto sta che complessivamente gli occupati sono scesi sotto la soglia dei 23 milioni. Il tasso di disoccupazione però si ferma all’8,1% (grazie all’aumento degli inattivi, più 48 mila, e della presenza di 44 mila persone che hanno smesso di cercare lavoro).
I dipendenti con un contratto a termine hanno raggiunto un record assoluto: 3 milioni e 176 mila, mai così tanti dal 1977. A conti fatti ha un contratto a termine il 17,7% dei dipendenti, poco meno di uno su cinque. Nell’arco dei dodici mesi l’occupazione risulta in crescita grazie ai dipendenti permanenti (+0,8%) ma soprattutto a termine (+8,8%). A maggio rispetto allo stesso mese del 2021 ci sono comunque 460 mila occupati in più, ma oltre la metà di questi sono a termine.
Chi sono i 96 mila italiani che nell’ultimo mese hanno perso il posto fisso? Siamo di fronte alle prime conseguenze della depressione dovuta alla guerra o piuttosto sono le «grandi dimissioni» a presentare il conto? Va ricordato a questo proposito che nei primi tre mesi dell’anno le dimissioni sono arrivate a quota 166 mila, con un aumento del 47%. «Forse c’è una terza spiegazione che deve essere considerata. Ormai l’Istat considera disoccupato chi è in cassa integrazione da oltre tre mesi. Dietro questi 96 mila posti persi potrebbe esserci semplicemente un aumento dell’uso degli ammortizzatori», analizza Francesco Seghezzi di Adapt.
Non può essere invece esclusa una correlazione tra aumento dei contratti a termine e la riduzione delle persone che cercano lavoro (44 mila in meno). In questa compagine potrebbero nascondersi coloro che non trovano appetibili le proposte di lavoro a scadenza, in particolare nei servizi. Si stima che solo nel turismo ci siano oltre 300 mila posti vacanti a termine.
Quando si parla di disallineamento tra domanda e offerta di lavoro l’altra faccia della medaglia è la difficoltà dell’industria a reperire personale specializzato, anche ben retribuito. «Il mismatch si è reso strutturale — ha detto ieri il ministro del Lavoro Andrea Orlando —. Serve un nostro sforzo per ridurlo».
17,7 per cento i dipendenti a termine sul totale. Oltre la metà dei posti creati nell’ultimo anno sono a termine
+47 per cento le dimissioni volontarie registrate nel primo trimestre dell’anno, l’incremento è del 47%