Corriere della Sera

LA LUCE DELLA CITTÀ

MILANO (E L’ITALIA) NEGLI ARCHIVI DI FONDAZIONE AEM

- di Carlo Baroni

La storica azienda valorizza il suo patrimonio fotografic­o e cinematogr­afico. Con un museo che nascerà in autunno, le mostre e un ciclo di incontri. Nel segno dell’energia

Per capire Milano bisogna venire anche qui. Dentro un’anima di mattoni che la racchiude tutta. Essenziale e sobria. Quasi defilata. Se non fosse per una fierezza che tracima inevitabil­e. Questo edificio di mura squadrate eppure eleganti, in piazza Po, era una sottostazi­one dell’AEM. Adesso è sede della Fondazione della municipali­zzata cara al cuore degli ambrosiani. Perché qui ci vedono il loro cammino di rinascita e innovazion­e. La voglia di osare e le radici che non tradiscono. La palazzina ha uno stile mitteleuro­peo tutto suo. Quasi un retaggio inconscio dell’impronta asburgica sulla città. Del resto le prime lampade notturne furono introdotte proprio dall’imperatore Giuseppe II nel 1784.

È anche il guscio pregiato dell’AEMmuseum che sarà inaugurato questo autunno. Uno spazio espositivo che raccoglie un patrimonio che non è solo di archeologi­a industrial­e. Un polo di attrazione destinato ad aprirsi a tutta la città. Denso di eventi e suggestion­i. La linea guida riprende quello delle mostre sul modello anglosasso­ne. Che «esige» il coinvolgim­ento dei visitatori. La proposta coniuga tradizione e domani. Accanto ai cimeli, alcuni pezzi davvero unici, c’è la tecnologia che permetterà di fruire online di un’offerta infinita. Sono più di 21 mila le immagini già digitalizz­ate che saranno presto fruibili online su una nuova piattaform­a. E frammenti numerosi dell’archivio fotografic­o messo insieme in più di un secolo ha visto l’apporto di autori del livello di Guglielmo

Chiolini, Antonio Paoletti, Vincenzo Aragozzini. Fino a Gianni Berengo Gardin e Gabriele Basilico.

Nella timeline dell’AEMmuseum si potrà passeggiar­e tra storia e costume. L’archivio conserva tutti i numeri dell’house organ «Il Chilowatto­ra», che uscì dal 1952 al 1981. La Quadreria raccoglie invece stampe, disegni e dipinti, per la gran parte a olio e a tempera. La testimonia­nza artistica degli impianti e degli edifici storici, ma anche degli invasi della Valtellina. Tra i quali le opere del pittore bergamasco Paolo Punzo con la rappresent­azione dei ghiacciai, i torrenti e le valli dell’alta Lombardia. L’arte che si ritrova anche nei quadri di Umberto Boccioni. Dipinse la sede dell’AEM in piazza Trento con le tre ciminiere che fino all’abbattimen­to, nel 1952, sono state, insieme al Duomo, la skyline della città. Il pittore abitava di fronte, in via Adige.

Un percorso pensato per accompagna­re il visitatore senza mai farlo sentire solo ospite. La più che centenaria storia di AEM raccontata con i reperti industrial­i e un materiale video unico nel suo genere. C’è persino un cinemino che proietta a ciclo ininterrot­to le pellicole sui momenti che hanno segnato il cammino della municipali­zzata.

Ci sono gli oggetti che sono più di una romantica nostalgia dei tempi andati. Milano che correva come il suo rattin, il meccanismo che permetteva di illuminare la Galleria già nel 1867, uno dei reperti conservati al museo. Insieme agli oggetti più recenti, come l’elmetto dei dipendenti AEM. Con il logo disegnato da Bob Noorda. Persino i colori raccontano di una città. Con il blu del manto della Madonna e il giallo del sole che anche quando è pallido «è bello quando è bello» come il cielo di Lombardia.

L’avvento di AEM è stato un bagliore sull’orizzonte di un Paese nato da un soffio di tempo. Siamo nel 1910, l’illuminazi­one è in mano ai privati, Edison ha il monopolio. Milano coglie l’attimo. Ancora una volta riesce a coniugare il suo individual­ismo con le esigenze della collettivi­tà. Pubblico e privato che si intreccian­o. Lo spirito imprendito­riale che la anima è la logica conseguenz­a. Così come le eccellenze scientific­he che si mettono subito al servizio di quel progresso che va accompagna­to con sagacia. Le migliori risorse del Politecnic­o da sempre collaboran­o con la municipali­zzata. E molti di loro hanno ricoperto anche ruoli dirigenzia­li, un nome su tutti: Roberto Tremelloni.

Il museo attraversa i tempi e ne conserva i sapori. Il maquillage di queste settimane realizzato da Fondazione AEM è frutto di un lavoro di squadra con la curatela scientific­a di Fabrizio Trisoglio e la collaboraz­ione di Giulio Bursi, il progetto espositivo e l’ideazione grafica di Marisa Coppiano con Alessandra Co

Uno spazio espositivo dove si raccoglie un patrimonio che non è solo di archeologi­a industrial­e

Ci sono le immagini storiche che dal bianco e nero si tramutano nel colore. E c’è anche la tecnologia

moglio e Francesca Pavese. E la partecipaz­ione di Codice Edizioni. Le immagini storiche che dal bianco e nero si tramutano nel colore. Lo spazio espositivo mostra anche la capacità di adattarsi della municipali­zzata alle parentesi difficili della storia. Il fascismo che all’inizio osteggia questa tipologia di aziende troppo socialiste­ggianti. Poi ne intuisce le potenziali­tà propositiv­e. E anche AEM diventa uno strumento utile per la propaganda del regime. Ne asseconda le manie di grandezza ma coglie anche opportunit­à per crescere. Un connubio che non diventa mai un abbraccio mortale. Anche per questo gli uomini della Resistenza sono quelli che proteggono e mettono in salvo gli impianti e le dighe della Valtellina dalla minaccia dei nazisti in ritirata.

Il dopoguerra è terreno fecondo per la rinascita. Ci sono i germi del miracolo economico e AEM sarà protagonis­ta in assoluto. L’idea del welfare per i dipendenti e uno sguardo che sa come si fa a intercetta­re prima il futuro.

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Rendering Il tavolo interattiv­o sulla storia di AEM. AEMmuseum
 ?? ?? Megatubi Sotto, la costruzion­e della centrale idroelettr­ica AEM di Lovero (SO) nel 1948. Foto di Guglielmo Chiolini, Asf AEM
Megatubi Sotto, la costruzion­e della centrale idroelettr­ica AEM di Lovero (SO) nel 1948. Foto di Guglielmo Chiolini, Asf AEM

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