Ucraini a caccia di spie: preso l’ex Kgb che ha tradito Yavoriv
Le spie non smettono mai, difficile che vadano in pensione. Alcuni si ritirano, ma conservano certe «abitudini». Altri sono pronti a rimettersi in gioco, dipende dalle situazioni. Forse è questa la storia di un ex agente arrestato dagli ucraini e accusato di complicità in un attacco pesante. Settanta anni, un passato nel Kgb russo, l’uomo è nato ed è residente a Leopoli, nella parte occidentale del Paese. In base alle indagini avrebbe avuto un ruolo importante nel bombardamento sul centro di coordinamento di Yavoriv del 13 marzo: quel giorno i missili distrussero la caserma dove erano ospitati soldati e volontari arrivati dall’estero.
Fu un colpo duro, dal bilancio grave: le vittime ufficiali sono 61, ma per Mosca sarebbero 180. Tra loro molti stranieri: olandesi, tedeschi, americani unitisi alla Legione Internazionale formata dopo l’invasione. Elementi ospitati in questa base, subito identificata dagli informatori di Mosca che, senza perdere tempo, ha sparato con armi a lungo raggio.
Le indagini del controspionaggio Sbu sostengono che la talpa — un veterano rimasto legato alla casa madre — non solo ha fornito le indicazioni sulla presenza dei bersagli, ma anche reso più preciso il tiro. Un compito svolto con l’aiuto di un complice al quale ha passato le informazioni usando una chat «nascosta» su Telegram. Un metodo più comodo rispetto ai vecchi sistemi, quando si usavano un foglietto scritto a mano, una foto, microfilm scambiati durante un incontro fugace.
Gli eredi del Kgb affiancano tradizione e modernità: ricorrono alle sempre efficaci radio ad onde corte — per ricevere disposizioni — e puntano sull’infiltrazione a lungo termine. In questo, il teatro ucraino è favorevole: la Russia ha investito denaro, dedicato risorse, contato sulle simpatie.
Negli ultimi giorni, però, i servizi di sicurezza hanno annunciato l’incriminazione del deputato Andriy Derkach, reclutato nel 2016 e incaricato dal Gru russo di aprire società di copertura in tutto il Paese, un network mirato ad agevolare un’eventuale «presa» dell’intero territorio. Aveva ricevuto somme importanti dai committenti di Mosca, probabilmente era parte di uno dei progetti autorizzati dal Cremlino nei mesi precedenti all’invasione, piani però finiti male perché il network non ha arruolato le persone «giuste», oppure quelle scelte hanno fallito.
A Kiev sapevano dei pericoli e hanno affidato a un’unità speciale il compito di scovare la quinta colonna: le fonti ufficiali parlano di centinaia di collaborazionisti finiti in manette. Fra questi ci sarebbero anche quattro agenti del Gru residenti nella capitale ucraina, da dove monitoravano le posizioni delle forze armate, raccoglievano dati sui militari, geolocalizzavano gli obiettivi strategici, cercavano di convincere i locali a cambiare bandiera e sostenere la Russia: il gruppo era stato attivato all’inizio del conflitto, il loro arresto è stato comunicato ieri dai servizi di sicurezza.