Corriere della Sera

Da Todde a Crippa e Dadone Il lavoro dei «pontieri» M5S per proteggere l’esecutivo

Chat e telefoni roventi con gli eletti: uscire è un errore

- di Giuseppe Alberto Falci

ROMA Pontieri per rafforzare il governo. Nelle ore concitate che precedono il faccia a faccia tra Giuseppe Conte e Mario Draghi diversi esponenti del M5S sono a lavoro per contenere i mal di pancia e le insofferen­ze di chi vorrebbe dare solo un appoggio esterno all’esecutivo o aprire una crisi di governo. C’è chi è uscito allo scoperto e ha consegnato ai microfoni e ai taccuini dei cronisti una dichiarazi­one che non lascia spazio a fraintendi­menti, come nel caso di Fabiana Dadone: «Io credo che sia una fase storica nella quale non ci si può permettere questo tipo di scelta e credo anche che Draghi sia stato molto chiaro, non vede governi oltre questo e senza di noi non può vedere il prosieguo di questo governo, per cui credo che la permanenza sia la scelta migliore». Non è dato sapere quanto questa frase stia facendo presa all’interno di un gruppo travolto dalla scissione di Luigi Di Maio e dalla regola del secondo mandato. Certo è che in Transatlan­tico raccontano che «Fabiana sia molto attiva e si stia spendendo in prima persona».

Telefoni e chat sono rovenche ti. Obiettivo: convincere uno a uno i parlamenta­ri, così da evitare di far saltare il tavolo nel pieno di un conflitto mondiale e di una pandemia ancora in corso. Ed è per questo motivo che scotta anche il cellulare di Carlo Sibilia. Il sottosegre­tario all’Interno ha ormai indossato i panni dell’«uomo di governo» e fa proseliti tra i parlamenta­ri più vicini. Non a caso, qualche giorno fa ha detto che «anche se c’è chi vuole cacciarci dalla maggioranz­a noi restiamo al governo per difendere queste leggi e portarle avanti: ora è prioritari­o che ci si focalizzi su bollette e crisi energetica».

In questo contesto sta avendo un ruolo «fondamenta­le» Federico D’Incà, ministro per i rapporti con il Parlamento che sembra aver imparato alla scuola della Prima Repubblica: si muove nell’ombra, parla a bassa voce, incontra, telefona e non si sbottona con i cronisti. «Non dico nulla, lavoro e basta». Segno che la situazione è alquanto complicata e una parola in più o meno può compromett­ere il lavorio del dietro le quinte. Anche Davide Crippa preferisce restare in silenzio e fa opera di moral suasion. E lo stesso si può dire di Alessandra Todde, viceminist­ro allo Sviluppo economico e soprattutt­o vicepresid­ente del Movimento. «È l’unica fra i vicepresid­enti dei Cinque Stelle a voler restare al governo» confidano, raccontand­o che Todde starebbe dicendo ai parlamenta­ri che «uscire dal governo ora sarebbe un errore, ma chiarament­e se questa scelta venisse intrapresa mi rimetterei al volere del consiglio nazionale». Riuscirann­o i pontieri a garantire il sostegno al governo? Un deputato ci scherza su: «1x2». Come dire, tutto è possibile. Anche se, osserva un senatore esperto, «uscire dall’esecutivo significhe­rebbe darla vinta a Luigi, non poter difendere le battaglie identitari­e e precluders­i per sempre i rapporti con il Pd».

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