Corriere della Sera

Tra le risaie della Lomellina «Perso l’80% di acqua Metà del raccolto a rischio»

Gli agricoltor­i: vediamo le piantine diventare grigie

- dal nostro inviato a Mortara (Pavia) Andrea Pasqualett­o

Spento il trattore, preso il badile, le scarpe impolverat­e dalla terra diventata sabbia, Gigi Venezia guarda sconsolato l’ultimo campo di riso: «L’ho abbandonat­o, non potevo fare altro». Ha lasciato andare il Centauro, che pure passa per essere un riso vigoroso, ma ha il grave difetto di trovarsi troppo distante dalle fonti d’acqua, l’oro di questi giorni. «Bisogna far morire il moribondo per salvare gli altri», è l’amara conclusion­e, una sorta di triage agricolo. Lo sta facendo lui e lo stanno facendo un po’ tutti a Mortara, nobile terra di risaie e di agricoltor­i. Siamo nel cuore della Lomellina che con i suoi 60 mila ettari s’impone come la capitale italiana ed europea del cereale più diffuso al mondo. E lui, Luigi Ferraris detto Gigi Venezia per via delle origini, ne possiede una fettina, 120 ettari, per la maggior parte coltivati a riso e in particolar­e il Carnaroli classico, quello dei risotti. «Rischio di perderlo».

I numeri

I motivi del malessere sono presto detti: «Abbiamo l’85% d’acqua in meno,i concimi sono aumentati del 150%, il gasolio agricolo del 70%, l’energia è raddoppiat­a... Un disastro». Che tradotto in quintali significa una perdita del 30% già stimata sul prossimo raccolto. «E mancano ancora due mesi, i più caldi. Se questa arsura non finisce arrivo al 50. Non so come farò», sospira guardando le pianticell­e di riso ridotte a ciuffi sbiaditi e assetati. Dovrebbero affondare in un paio di centimetri d’acqua ma qui di acqua non ce n’è e la poca che arriva è contesa. «Guarda qua, polvere», sbriciola una zolla di terra bianca. Siamo ai margini della sua proprietà che confina con quelle di altri agricoltor­i. Ne incrociamo uno che sale dalla stradina di campagna con un fuoristrad­a e ha un’espression­e non proprio amichevole. Si ferma, abbassa il finestrino e punta l’indice: «Cos’è quella roba lì a sinistra, eh?». «Nooo, non ti ho preso l’acqua, stai tranquillo, io la prendo da questo fosso .... ». Schermagli­e fra i campi di riso. Che sono poi il piccolo fronte di una guerra più grande che si combatte da giorni a monte e a valle della Lomellina, diventata l’epicentro della siccità. Su c’è il Piemonte che si tiene l’acqua, giù c’è il Po che la chiede per evitare gli effetti nefasti del cuneo salino. In mezzo, questa terra, che rimane con le gambe fuori perché la coperta è corta. «Ma se quelli del nord fossero onesti, potrebbero vivere anche quelli del sud», punge Ferraris. «Non succedeva da 70 anni una cosa del genere — ricorda il presidente della Coldiretti di Pavia, Stefano Greppi, risicoltor­e pure lui —.

Se va avanti così rischiamo di chiudere decine di aziende e perdere il nostro primato».

Campi grigi

Al momento i numeri sono ancora da capitale del riso: 1.500 realtà sulle 3.800 esistenti sul territorio nazionale, 700 solo in Lomellina, 60 a Mortara. Tutte alle prese con la sete d’acqua che morde i virgulti.

Armando Moscheni, tipo pratico e sorridente, nato e cresciuto qui dove ora vive in solitudine, scende dal trattore e ci porta in giro per la sue coltivazio­ni. Lui controlla i colori: «Quando le piante sono nere, come lì, sono sofferenti. Quando sono grigie, sono morte... guarda qua, tutto grigio, erba secca». Moscheni ha però una fortuna: il pozzo. «Mi tiene in vita l’area più vicina e anche quella dei miei confinanti». La pompa del pozzo, sempre attiva, gli costa 150 euro al giorno: «Ma sì, gliela do l’acqua ai vicini, una mano lava l’altra».

Fra queste risaie infuocate c’è una storia nella storia. È quella di Alberto Fuser Imperatore, agricoltor­e biologico. Non è facile per lui sopravvive­re, perché ai problemi degli altri si somma quello delle erbacce, non usando i diserbanti. «Potrei perdere tutto», sospira. Ma guarda il cielo e resiste nel suo mondo ideale che non prevede la chimica: «Sono un intransige­nte, dicono che il biologico non sfama, io aggiungo che non ammala il mondo».

A parte l’idealista Fuser, i conti a Mortara se li fanno bene un po’ tutti. E il centro dei conti è la Borsa merci che qui

I timori

«Non succedeva da 70 anni. Se continua così, rischiano di chiudere decine di aziende»

è naturalmen­te la Borsa del riso. Negoziazio­ni, prezzi, aspettativ­e. Dove va a parare il mercato? «Il Carnaroli era da 1,90 a 2 euro al chilo, ora èa 4 e al consumo a 6 e anche 7 — spiega l’amministra­tore unico Fulco Gallarati Scotti —. Bisogna stare molto attenti a non superare il prezzo di rottura, oltre il quale non compra più nessuno». Cosa succederà, dunque? Ferraris ha le idee chiare: «I prezzi aumenteran­no e le riserie industrial­i andranno a comprare quello scarso in Asia. E fra qualche tempo il risottino al radicchio qualcuno se lo sognerà».

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Al lavoro Luigi Ferraris nella sua risaia in sofferenza per il calo dell’apporto idrico in Lomellina. L’agricoltor­e ha deciso di abbandonar­e i campi più malandati per salvarne altri. Teme di perdere il 50% del raccolto
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Nei campi Armando Moscheni sopra con uno dei suoi trattori, sotto nel campo di riso a Mortara (Pavia)

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