Maire Tecnimont, nasce Evolve per l’ingegnere umanista
Un ingegnere umanista. Un profilo che sappia coniugare tecnica, cultura storica del Paese, impatto sull’ambiente e tenere conto degli aspetti sociali. Due variabili chiave quando si progetta un impianto di chimica verde. «Per vincere le gare e costruire i grandi impianti nel mondo non basta più realizzare un progetto in sé. Ma pensare a tutti gli attori in gioco che possono essere influenzati in termini di occupazione, scambio di competenze, valorizzazione del tessuto imprenditoriale locale. Occorre attingere anche alla creatività, intesa come gestione delle complessità, la capacità di unire i puntini. Sono le scienze umane che fanno da collante. Il made in Italy dell’ingegneria ha una marcia in più». La sintesi della nuova missione dell’ingegnere la dà Fabrizio Di Amato, l’imprenditore della Maire Tecnimont di cui è presidente. Come dire la multinazionale italiana che realizza grandi impianti per la trasformazione delle risorse naturali, guidata dal ceo Alessandro Bernini. Ed è la sintesi di nomi storici come Tecnimont e Fiat Engineering. Un progetto importante che Di Amato ha riassunto nella Fondazione Maire Tecnimont Evolve, che è poi la summa di storia e tecnica del Paese. Ha lavorato al progetto per due anni e martedì si alzerà il sipario sulla Fondazione e i suoi impegni. «I tempi richiedono una trasformazione dell’ingegneria classica in una «ingegneria umanista», in grado di includere aspetti etici, sociali e ambientali e capace di risolvere problemi sempre più complessi, collaborando con università tecniche e umanistiche, applicando le migliori innovazioni con senso critico e facendosi ispirare dai simboli del passato come le provette di Giulio Natta per realizzare il Moplen». L’occasione è «L’ingegneria umanistica e la sfida della circolarità», l’evento ospitato nella sede milanese di Maire Tecnimont insieme alla mostra Second Life: tutto torna. Raggruppa opere di giovani artisti sul tema della sostenibilità. Al centro, il pensiero della Fondazione concentrata sull’ingegnere umanista «che deve avere anche competenze di management. Quindi, tecnico sì ma multidisciplinare», dice Di Amato, convinto che tenendo assieme questi aspetti — competenza e consapevolezza — un ingegnere possa diventare un interprete e un ispiratore del futuro che sta anche nel suo passato. Le radici stanno nell’archivio storico di 7 mila disegni e progetti dei più famosi ingegneri e architetti italiani.