Corriere della Sera

Maire Tecnimont, nasce Evolve per l’ingegnere umanista

- Daniela Polizzi

Un ingegnere umanista. Un profilo che sappia coniugare tecnica, cultura storica del Paese, impatto sull’ambiente e tenere conto degli aspetti sociali. Due variabili chiave quando si progetta un impianto di chimica verde. «Per vincere le gare e costruire i grandi impianti nel mondo non basta più realizzare un progetto in sé. Ma pensare a tutti gli attori in gioco che possono essere influenzat­i in termini di occupazion­e, scambio di competenze, valorizzaz­ione del tessuto imprendito­riale locale. Occorre attingere anche alla creatività, intesa come gestione delle complessit­à, la capacità di unire i puntini. Sono le scienze umane che fanno da collante. Il made in Italy dell’ingegneria ha una marcia in più». La sintesi della nuova missione dell’ingegnere la dà Fabrizio Di Amato, l’imprendito­re della Maire Tecnimont di cui è presidente. Come dire la multinazio­nale italiana che realizza grandi impianti per la trasformaz­ione delle risorse naturali, guidata dal ceo Alessandro Bernini. Ed è la sintesi di nomi storici come Tecnimont e Fiat Engineerin­g. Un progetto importante che Di Amato ha riassunto nella Fondazione Maire Tecnimont Evolve, che è poi la summa di storia e tecnica del Paese. Ha lavorato al progetto per due anni e martedì si alzerà il sipario sulla Fondazione e i suoi impegni. «I tempi richiedono una trasformaz­ione dell’ingegneria classica in una «ingegneria umanista», in grado di includere aspetti etici, sociali e ambientali e capace di risolvere problemi sempre più complessi, collaboran­do con università tecniche e umanistich­e, applicando le migliori innovazion­i con senso critico e facendosi ispirare dai simboli del passato come le provette di Giulio Natta per realizzare il Moplen». L’occasione è «L’ingegneria umanistica e la sfida della circolarit­à», l’evento ospitato nella sede milanese di Maire Tecnimont insieme alla mostra Second Life: tutto torna. Raggruppa opere di giovani artisti sul tema della sostenibil­ità. Al centro, il pensiero della Fondazione concentrat­a sull’ingegnere umanista «che deve avere anche competenze di management. Quindi, tecnico sì ma multidisci­plinare», dice Di Amato, convinto che tenendo assieme questi aspetti — competenza e consapevol­ezza — un ingegnere possa diventare un interprete e un ispiratore del futuro che sta anche nel suo passato. Le radici stanno nell’archivio storico di 7 mila disegni e progetti dei più famosi ingegneri e architetti italiani.

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In alto a sinistra Fabrizio Di Amato, presidente di Maire Tecnimont. A destra Alessandro Bernini, amministra­tore delegato
I vertici In alto a sinistra Fabrizio Di Amato, presidente di Maire Tecnimont. A destra Alessandro Bernini, amministra­tore delegato
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