Corriere della Sera

DENTRO IL VULCANO

UN NUOVO CALCOLO PER ANTICIPARE LE ERUZIONI

- Di Giovanni Caprara

La ricerca Un pool guidato dall’Università Roma Tre ha elaborato un metodo basato sulla deformazio­ne del suolo. Acocella: «Abbiamo studiato le caldere basaltiche. Ora serve una più vasta elaborazio­ne dei dati»

Vulcani e terremoti sono eventi naturali spesso catastrofi­ci e la prima difesa, la prima arma per combatterl­i è rappresent­ata dalla possibilit­à di prevederli. Se per i terremoti la sfida è ancora impossibil­e, per i vulcani gli scienziati stanno conquistan­do successi importanti. Un gruppo internazio­nale di ricercator­i guidato da Valerio Acocella del Dipartimen­to di scienze dell’Università Roma Tre è riuscito ad elaborare un metodo che consente di anticipare di settimane e anche mesi l’eruzione che può avvenire su un tipo particolar­e di vulcani, le caldere basaltiche come quelle italiane dei Campi Flegrei, di Bolsena e Bracciano.

Le caldere sono degli sprofondam­enti circolari della superficie che hanno il difetto di deformarsi di frequente e quindi rappresent­ano un rischio da valutare rapidament­e. Il loro magma è poco viscoso e offre segnali più regolari. Poterli anticipare con tempi lunghi è determinan­te per consentire alla protezione civile di intervenir­e con le necessarie evacuazion­i salvando vite umane.

«Finora — nota il professor Acocella — non si poteva prevedere l’eruzione delle caldere con grandi margini di tempo; al massimo si arrivava a qualche ora o, nel migliore dei casi, con incertezza a qualche giorno. Il nuovo metodo elaborato, invece, cambia radicalmen­te in meglio la prospettiv­a».

Come hanno raccontato sulla rivista «Nature Geoscience», gli scienziati (analizzand­o i dati delle deformazio­ni dei suoli misurate con i satelliti radar e facendo ricorso alla tecnica dell’interferom­etria) riescono a cogliere il «tasso di deformazio­ne», come lo chiamano, cioè l’estensione del movimento dal centimetro al metro nell’unità di tempo. Questo è il frutto della pressione del magma che sale, spingendo verso la superficie.

In tal modo hanno stabilito che se la quantità di magma in salita è pari a 10 milioni di metri cubi non si verificano eruzioni mentre se si arriva a 100 metri cubi si ha la certezza dell’eruzione. C’è una zona intermedia tra i due valori nella quale per il risultato giocano le condizioni diverse dell’ambiente. Ma alla fine, consideran­do i vari aspetti, sono giunti a stabilire che per le caldere basaltiche è possibile prevedere l’eruzione nell’89 per cento dei casi. Un risultato importante che, raggiunto con anticipo di settimane e mesi, cambia profondame­nte le cose consentend­o interventi prima impensabil­i.

Il risultato è frutto dei dati raccolti negli ultimi 25 anni con vari tipi di satelliti radar a cominciare dalla costellazi­one CosmoSkyme­d dell’Agenzia spaziale italiana Asi, ai quali si sono aggiunti satelliti dell’Esa come Envisat e altri tedeschi e canadesi.

«Se i dati a disposizio­ne sono tanti — aggiunge Acocella che raggiungia­mo sull’isola greca di Santorini dove si trova per una campagna di ricerca — purtroppo sono pochi quelli elaborati con dei modelli fisici specifici sul comportame­nto dei vulcani in modo da essere utilizzati nella previsione. E questo è un lavoro che abbiamo dovuto affrontare».

Alla ricerca ha collaborat­o Andrew Hooper dell’Università britannica di Leeds, Marco Bignardi al Goddard Space Flight Center della Nasa e Federico Galletto, primo autore dello studio. «Galletto — sottolinea Acocella — è un eccezional­e

Il nuovo metodo si potrà esportare anche alla maggior parte degli altri tipi di vulcani esistenti nel mondo

giovane ricercator­e che ha appena concluso il dottorato assegnato dalla nostra università».

La conclusion­e della ricerca è rilevante perché si applica a tutte le caldere del pianeta come è stato verificato su un gruppo di vulcani attivi di questo tipo, come Fernandina e Sierra Negra (Galapagos e Ecuador), Kilauea (HawaiiUsa) e Krafla in Islanda. «Nel giro di qualche anno — precisa lo scienziato — il nuovo metodo si potrà esportare anche alla maggior parte degli altri tipi di vulcani esistenti nel mondo».

Ora, con le conoscenze a disposizio­ne si possono generare allerte solo su singoli vulcani ben conosciuti nella loro storia e ben controllat­i con adeguate strumentaz­ioni, come ad esempio l’Etna. È un primo passo determinan­te e concreto nella difesa, dunque, quello raggiunto con le caldere basaltiche grazie alle nuove tecnologie satellitar­i ma che, per essere esteso al rischio portato dai circa 600 coni eruttivi accesi sulla Terra, richiede una più ampia elaborazio­ne dei dati.

Finora non si poteva prevedere l’eruzione delle caldere con grandi margini di tempo. Adesso invece sì

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Kilauea Il vulcano è alle Hawaii
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Il «Vesuvius» di Andy Warhol (1985) è esposto al Museo di Capodimont­e a Napoli
Icone pop Il «Vesuvius» di Andy Warhol (1985) è esposto al Museo di Capodimont­e a Napoli
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Krafla L’Islanda ospita il cratere-lago

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