Il retroscena
MILANO È un’altra giornata di caos, la spaccatura è a un passo, ma i duellanti interpretano le parole di Giuseppe Conte come un progresso per la loro causa. Le dichiarazioni del leader — che rimanda a Mario Draghi una presa di posizione sulle istanze mosse dal Movimento al governo — vengono lette con soddisfazione sia dai falchi sia dai governisti. «Il premier dovrà assumersi le sue responsabilità», dicono i primi. «Conte non ha strappato», festeggiano i secondi.
L’unico dato di realtà è che in effetti c’è ancora uno spiraglio per una trattativa che corre sottotraccia e prosegue senza sosta. Proprio per questo motivo, quella di ieri è una mezza vittoria per i governisti che impongono una riflessione supplementare ai vertici Cinque Stelle. Sono soprattutto i volti più moderati come Stefano Buffagni a insistere sulla necessità di far sentire la responsabilità del M5S nei confronti degli italiani. «Se Draghi accoglie le nostre posizioni è necessario votare la fiducia. Lo dobbiamo fare pensando alle tutele per i lavoratori e ai soldi in busta paga in più», dice ai suoi il deputato lombardo. La sua posizione è condivisa da diversi esponenti. Già nei giorni scorsi Federica Dieni, Federico D’Incà, Riccardo Fraccaro (ieri protagonista con Conte di un siparietto sul Superbonus) si sono espressi, tra gli altri, per evitare lo strappo. Ieri in difesa dei 9 punti si sono schierate anche le senatrici Laura Bottici e Felicia Gaudiano. «I 9 punti non sono un capriccio ma punti minimi fondamentali e senza atti concreti il Movimento non può e non deve accettare richieste al buio. Raccomando compattezza intorno a Giuseppe Conte ed al Movimento», dice in assemblea il senatore Mauro Coltorti. Le posizioni, a un certo punto, sembrano più sfumate, anche se i numeri sono chiari: i governisti sono una cinquantina, quaranta alla Camera e il resto al Senato. E cercano di far sentire il loro peso.