Corriere della Sera

Il retroscena

- Emanuele Buzzi

MILANO È un’altra giornata di caos, la spaccatura è a un passo, ma i duellanti interpreta­no le parole di Giuseppe Conte come un progresso per la loro causa. Le dichiarazi­oni del leader — che rimanda a Mario Draghi una presa di posizione sulle istanze mosse dal Movimento al governo — vengono lette con soddisfazi­one sia dai falchi sia dai governisti. «Il premier dovrà assumersi le sue responsabi­lità», dicono i primi. «Conte non ha strappato», festeggian­o i secondi.

L’unico dato di realtà è che in effetti c’è ancora uno spiraglio per una trattativa che corre sottotracc­ia e prosegue senza sosta. Proprio per questo motivo, quella di ieri è una mezza vittoria per i governisti che impongono una riflession­e supplement­are ai vertici Cinque Stelle. Sono soprattutt­o i volti più moderati come Stefano Buffagni a insistere sulla necessità di far sentire la responsabi­lità del M5S nei confronti degli italiani. «Se Draghi accoglie le nostre posizioni è necessario votare la fiducia. Lo dobbiamo fare pensando alle tutele per i lavoratori e ai soldi in busta paga in più», dice ai suoi il deputato lombardo. La sua posizione è condivisa da diversi esponenti. Già nei giorni scorsi Federica Dieni, Federico D’Incà, Riccardo Fraccaro (ieri protagonis­ta con Conte di un siparietto sul Superbonus) si sono espressi, tra gli altri, per evitare lo strappo. Ieri in difesa dei 9 punti si sono schierate anche le senatrici Laura Bottici e Felicia Gaudiano. «I 9 punti non sono un capriccio ma punti minimi fondamenta­li e senza atti concreti il Movimento non può e non deve accettare richieste al buio. Raccomando compattezz­a intorno a Giuseppe Conte ed al Movimento», dice in assemblea il senatore Mauro Coltorti. Le posizioni, a un certo punto, sembrano più sfumate, anche se i numeri sono chiari: i governisti sono una cinquantin­a, quaranta alla Camera e il resto al Senato. E cercano di far sentire il loro peso.

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