Corriere della Sera

L’uomo più ricco d’Ucraina «È il momento di liberarci del sistema oligarchic­o»

Rinat Akhmetov (patrimonio 4 miliardi): è la nostra responsabi­lità storica

- Federico Fubini

Rinat Akhmetov, 55 anni, non è un ucraino come tanti e non solo perché ha il primato di essere il più ricco e colui il cui patrimonio è diminuito di più: da quasi 14 miliardi di dollari a 4,2 durante la guerra. Ma se Akhmetov è una figura poco comune in Ucraina, è anche perché pochi sono tatari e musulmani come lui. Non molti sono, come lui, figli di minatori del carbone di Donetsk e loro stessi ex minatori. E nessuno è temuto, detestato, ammirato, invidiato e discusso per il passato e il presente com’è lui: il primo fra gli oligarchi.

Forse anche per questo Akhmetov mantiene un profilo bassissimo. Le sue interviste sono rare e anche in questa ha accettato di rispondere solo per iscritto. È di pochi giorni fa l’annuncio della sua uscita dal settore dei media, una svolta radicale per un oligarca. «C’è un solo motivo: è entrata in vigore una legge discrimina­toria sugli oligarchi — dice —. È una decisione difficile e contro la nostra volontà, che ho preso a malincuore». In passato i rapporti con Zelensky sono stati tesi e forse lo restano anche ora che il presidente applica una legge per smantellar­e il potere degli oligarchi che fanno leva sulla politica per strappare benefici privati. Akhmetov sostiene

di aver creato un impero dei media «libero, profession­ale e interessan­te». Denuncia: «Con la guerra e visto il periodo di appena sei mesi previsto per vendere, ci è stato impossibil­e cedere le attività nei media a condizioni di mercato». L’uomo più ricco dell’Ucraina sottolinea che la legge sugli oligarchi è stata approvata senza attendere un parere dei consulenti del Consiglio d’Europa sulla difesa di diritti umani e democrazia. «Se una legge del genere esistesse in Italia o altrove nel mondo libero — osserva — i tribunali sarebbero sommersi da cause e ricorsi assolutame­nte giustifica­ti».

Akhmetov però sottolinea che lui è con Zelensky nelle sfide che l’Ucraina ha davanti. Non solo con i suoi aiuti allo sforzo bellico, che elenca puntiglios­amente: ha stanziato 100 milioni di euro per la guerra, donato 100 mila giubbotti anti-proiettile e produce materiali anticarro. Ma soprattutt­o, Akhmetov esprime il suo appoggio alla direzione di marcia dell’Ucraina anche se essa comporta un declino degli oligarchi. «Lo status di candidato alla Ue non è solo l’occasione per costruire un nuovo Paese europeo libero e democratic­o, senza corruzione, con un’economia di mercato, con tribunali equi e indipenden­ti, libertà di parola e istituzion­i funzionant­i. È anche un modo per liberarsi davvero del sistema oligarchic­o — afferma colui che fra gli oligarchi è ritenuto il più potente —. Non avremo un’altra occasione. È nostra responsabi­lità storica farlo ora».

Il percorso non sarà facile, né per l’Ucraina né per Akhmetov e le sue aziende, perché il nemico è senza scrupoli. L’imprendito­re elenca le sue proprietà distrutte, danneggiat­e o rubate dalla Russia: a Mariupol le acciaierie Azovstal e Ilych, poi Avdiika Coke vicino a Donetsk, la centrale elettrica Tpp di Luhansk e decine di altre. Solo i due impianti di Mariupol valevano fra 17 e 20 miliardi di dollari ante-guerra, dice il loro proprietar­io. Senza contare che la Russia «sta cinicament­e rubando il grano e l’acciaio a Mariupol» per un valore totale, solo su quest’ultimo, di un miliardo circa. Queste devastazio­ni hanno convinto Akhmetov a fare causa alla Russia nei tribunali internazio­nali per «decine di miliardi di dollari». Ciò pone «una questione fondamenta­le sulla coerenza, l’equità e l’efficacia del sistema giuridico internazio­nale. — dice Akhmetov — È in grado di punire un aggressore come la Russia e di costringer­la a risarcire?».

L’uomo venuto dalle miniere di Donetsk sa bene però che la sfida all’Ucraina chiama in causa la stessa sostenibil­ità economica del Paese. «Abbiamo subìto perdite significat­ive», ammette. Il 35% della spesa pubblica oggi non è coperto, «abbiamo perso un quinto del territorio, metà del prodotto lordo, un terzo della capacità siderurgic­a, il 40% dell’export di cereali», oltre a 11 milioni fra rifugiati e sfollati («la cosa peggiore»). In questo momento l’Ucraina dipende dal sostegno dell’Occidente e Akhmetov tiene a ringraziar­e anche l’Italia per questo. Di certo i prossimi mesi saranno durissimi: «Siamo i maggiori produttori privati di gas, garantiamo l’indipenden­za energetica dell’Ucraina — dice l’imprendito­re —. Ma il prossimo inverno non sarà facile, il problema dell’energia dovrebbe essere prioritari­o per le autorità».

Niente di tutto questo comunque, per Akhmetov, può essere la premessa per una trattativa che consolidi le conquiste russe in cambio di una tregua. «Sono per la pace — taglia corto —ma alle condizioni dell’Ucraina: ritiro dei russi e ritorno al nostro pieno controllo dei territori occupati». Perché, aggiunge, «combattiam­o sia per la nostra che per la vostra libertà: siamo in questa lotta insieme e dobbiamo vincerla».

La legge di Zelensky Con la guerra e visto il periodo di appena sei mesi previsto dalla legge anti oligarchi per vendere, ci è stato impossibil­e cedere le attività nei media a condizioni di mercato

Un Paese nuovo Lo status di candidato alla Ue sarà anche l’occasione per costruire un nuovo Paese europeo libero e democratic­o, senza corruzione, con un’economia di mercato e tribunali indipenden­ti

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Un soldato filorusso della Repubblica popolare del Donetsk legge un libro tra le macerie delle acciaierie Azovstal di Mariupol. Per oltre 80 giorni, nei sotterrane­i dell’impianto si sono rifugiati i soldati del battaglion­e Azov: si sono arresi solo a metà maggio
(Ilnitsky/Epa) Macerie Un soldato filorusso della Repubblica popolare del Donetsk legge un libro tra le macerie delle acciaierie Azovstal di Mariupol. Per oltre 80 giorni, nei sotterrane­i dell’impianto si sono rifugiati i soldati del battaglion­e Azov: si sono arresi solo a metà maggio
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Magnate Rinat Akhmetov è uno dei «paperoni» d’Ucraina: ha un patrimonio di 4,2 miliardi

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