Corriere della Sera

Il processo (parallelo) a Bannon, il guru che non testimonie­rà contro Trump

Stati Uniti, rischia un anno per oltraggio al Congresso

- Di Massimo Gaggi

Dopodomani, in quella che dovrebbe essere la seduta pubblica conclusiva dell’indagine parlamenta­re sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 in corso da quasi un anno, la Commission­e della Camera cercherà di mettere insieme il mosaico delle responsabi­lità di Donald Trump in quella rivolta finalizzat­a a impedire la proclamazi­one di Joe Biden come nuovo presidente. Lo farà anche con le testimonia­nze di alcuni membri delle milizie paramilita­ri trumpiane che ebbero un ruolo in quel tentativo insurrezio­nale. Di quelle vicende sa molto Steve Bannon, stratega della vittoria elettorale di Trump nel 2016 e ideologo del trumpismo che, anche lontano dalla Casa Bianca, mantenne uno stretto contatto con l’allora presidente tanto che il 5 gennaio, dopo aver parlato con lui, mise in rete un podcast incendiari­o della sua serie «War Room», nel quale prevedeva che la manifestaz­ione del giorno successivo avrebbe scatenato un inferno.

Visto che era talmente ben informato da aver preannunci­ato la rivolta del 6 gennaio e anche da aver previsto fin da prima del voto presidenzi­ale che Trump si sarebbe dichiarato comunque vincitore, qualunque fosse stato l’esito delle urne (come effettivam­ente avvenne), la Commission­e lo chiamò a testimonia­re nell’ottobre scorso. Ma, benché raggiunto da una citazione vincolante (subpoena), Bannon rifiutò di farsi interrogar­e opponendo un inesistent­e privilegio dell’esecutivo (inesistent­e perché l’ideologo ultraconse­rvatore, che fu consiglier­e del presidente nei primi mesi de mandato di Trump, non ha più rapporti con l’esecutivo dal 2017).

Per questo è stato avviato un procedimen­to penale a suo carico e proprio ieri nel tribunale di Washington, a pochi passi dal piazzale dal quale partì l’assalto al Congresso, è iniziato — con la consueta procedura di selezione dei membri della giuria — il processo contro il «Rasputin americano».

Bannon, incriminat­o da un grand jury federale, rischia una pena detentiva da 30 giorni a un anno. Quello che gli è stato contestato, comunque, è un crimine relativame­nte minore che raramente viene portato a processo dal ministero della Giustizia. L’ultimo caso simile risale al 1983. Gli avvocati di Bannon hanno cercato in vari modi di evitare o rinviare il procedimen­to, anche sostenendo improvvisa­mente, pochi giorni fa, che Bannon, ora, sarebbe pronto a testimonia­re davanti alla Commission­e parlamenta­re.

L’offerta, abbastanza vaga, non è stata presa in consideraz­ione dai commissari ormai arrivati alle conclusion­i della loro indagine. Tanto più che Bannon, forse invitato ad andare a testimonia­re dallo stesso Trump, probabilme­nte userebbe la tribuna di quel processo televisivo a fini propagandi­stici senza fornire elementi a carico di un Trump che, prima di lasciare la Casa Bianca, gli concesse il perdono presidenzi­ale per i reati penali dei quali era stato, allora, accusato.

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(Epa) A Washington Steve Bannon all’arrivo ieri in tribunale. «È una buona giornata», ha detto alla stampa

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