«È Bakayoko». E il poliziotto ferma la perquisizione
Polemiche per il video del calciatore. Amnesty: è discriminazione. Il sindacato: nessun razzismo
MILANO Sono le sei di mattina di domenica 3 luglio. Via Giuseppe Ferrari è una strada che divide la stazione Garibaldi e i locali della movida di corso Como. Un’ora prima c’è stata una sparatoria tra gruppi di pusher magrebini e senegalesi. Alcuni testimoni li hanno visti fuggire. Dalla questura viene diramata la «nota di ricerche» di uno di loro: centrafricano, alto, maglietta verde.
Passano pochi minuti e una volante intercetta un Suv con due persone di colore a bordo. Viene chiamata un’altra pattuglia e gli agenti decidono di fermare il fuoristrada. L’uomo alla guida viene fatto scendere, ha una maglietta verde e un cappello da pescatore. Una poliziotta si posiziona sul lato anteriore destro dell’auto e impugna la Beretta d’ordinanza con la quale tiene sotto tiro il passeggero. Il guidatore invece viene fatto appoggiare al tettuccio della volante e un secondo agente lo perquisisce.
Da qui in poi la scena è ripresa con un telefonino da uno degli automobilisti che si trovano fermi in coda. Si vede un giovane poliziotto che gli svuota il contenuto delle tasche e lo deposita sul tettuccio della volante. Una manciata di secondi e lo sguardo dell’agente si fa incredulo, le braccia quasi gli crollano. Un altro collega lo informa sull’identità dell’uomo fermato.
È Tiémoué Bakayoko, centrocampista francese di origini ivoriane del Milan. A quel punto l’agente toglie le mani dalla schiena del calciatore, lui si volta, scambiano poche battute e il poliziotto si scusa per l’accaduto. Tecnicamente si tratta di un «nulla di fatto»: la persona fermata non ha niente a che fare con la sparatoria. Gli agenti avvisano la centrale e poco dopo ripartono in perlustrazione. Bakayoko si allontana senza protestare. E lo stesso fa la società rossonera informata poi dalla questura.
L’episodio emerge solo 15 giorni dopo grazie al video pubblicato via social dall’automobilista. E sempre via social si scatenano le proteste. La più dura è di Amnesty international che parla di «profilazione etnica»: «Una pratica discriminatoria che su una persona non famosa avrebbe potuto avere conseguenze gravi». In Rete c’è chi paragona la vicenda a quella di George Floyd. A stretto giro arriva la risposta del sindacato di polizia Siulp: «Nessun razzismo. Ci congratuliamo con gli agenti per la professionalità». Cauto il sindaco Beppe Sala: «Non saprei commentarlo, sentirò prima il questore». La questura con una nota ufficiale spegne le polemiche: «Il contesto operativo giustificava l’adozione delle più elevate misure di sicurezza, anche in funzione di autotutela. Tutto si è svolto con modalità assolutamente coerenti rispetto al tipo di allarme in atto».