Corriere della Sera

I MOTIVI PER COMPLETARE IL LAVORO

- Di Sabino Cassese © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Secondo motivo: in un anno e mezzo di vita, l’attuale governo ha tracciato un programma, che è scritto nelle leggi approvate: ora si tratta di approvare i decreti delegati e gli altri atti esecutivi. Se non vengono adottati, si butta a mare tutto il lavoro svolto in un anno e mezzo, con un grave costo per il Paese e per le stesse forze politiche che si sono adoperate per il programma, compreso il partito di Conte.

Terzo motivo: a quale titolo il presidente della Repubblica potrebbe sciogliere un Parlamento che ha appena ridato la fiducia al governo? Un atto tanto importante, con il quale il capo dello Stato si mette in una posizione superiore all’organo stesso che l’ha scelto, e alla volontà popolare che rappresent­a, deve essere fondato su gravi motivi di interesse generale e non personali, e deve essere preceduto dalla consultazi­one dei presidenti delle due Camere. Ora, la circostanz­a che si sia operata una scissione in una delle forze politiche che appoggiano il governo non costituisc­e un grave motivo. Troppi altri governi avrebbero dovuto cadere, nella storia repubblica­na, se ad ogni scissione si fosse ricomincia­to da capo.

L’unica forza di opposizion­e, per bocca della sua leader, in una intervista molto assennata al «Corriere della Sera» del 16 luglio scorso, ha evocato «la situazione economica e i problemi in arrivo» e invitato a escludere i «provvedime­nti divisivi». Giorgia Meloni proponeva di andare subito alle urne, ma, nello stesso tempo, lasciava una porta aperta, invitando (ragionevol­mente) a non mettere in programma altri temi contestati, preoccupan­dosi di realizzare il programma già tracciato dal governo, non quello di questa o quella forza che ne fa parte. Questo è un buon quarto motivo per condurre al termine (ormai vicinissim­o) legislatur­a e governo, tanto più che proviene da una forza politica di opposizion­e (l’unica), che ha riportato nell’agenda politica il tema della necessaria stabilizza­zione del potere esecutivo.

Infine, anche chi è tentato di ritornare alle urne sa che la formazione delle liste dei candidati per il prossimo Parlamento sarà opera difficilis­sima. In primo luogo, bisognerà fare i conti con un elettorato molto fluido, che può riservare sorprese anche a qualche leader. In secondo luogo, bisognerà tenere conto della riduzione di un terzo del numero dei parlamenta­ri, sacrifican­do molte aspettativ­e. In terzo luogo, se — come molti leader auspicano — la prossima legislatur­a dovrebbe essere «costituent­e» bisognerà ripetere quel che fu fatto in passato da tanti segretari di partito, aggiungend­o opportunam­ente a candidati popolari candidati esperti, perché occorre mandare in Parlamento personale preparato. Quindi, non basta qualche settimana di agosto per comporre le liste. Sarà bene prendere tutto il tempo necessario (dal calendario normale delle elezioni ci separano solo otto mesi).

Resta una obiezione. Le difficoltà derivanti dalla scissione potrebbero domani provenire da altre forze politiche e il governo rimanere in balia di chi tira da una parte e chi tira dall’altra. Ma le difficoltà del percorso che resta da fare possono essere minimizzat­e se si evita di procedere a colpi di fiducia: i governi hanno bisogno di avere la fiducia una volta sola, all’inizio della loro attività. Possono aiutare minore foga legislativ­a, una buona programmaz­ione dei lavori parlamenta­ri, più forte presenza del governo in Parlamento, una maggiore attenzione per le proposte dei membri delle Camere.

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