Corriere della Sera

Guglielmi e la «Tv verità»: un’espression­e che non amava

- di Aldo Grasso

Nel rievocare la figura di Angelo Guglielmi si è molto parlato della sua concezione della tv, la famosa «Tv verità», espression­e che non amava, preferendo riferirsi a Pasolini: «Sono stanco di raccontare la realtà con le parole, preferisco raccontarl­a con la stessa realtà». Anche se il critico letterario Guglielmi detestava Pasolini, così come non amava i neorealist­i perché, a suo giudizio, la scrittura frapponeva troppe mediazioni retoriche per descrivere la realtà: «Raccontare la realtà con le parole implica sempre un sospetto di manipolazi­one». La tv, come il cinema, aveva un rapporto più diretto con la realtà (che poi era la fissazione di Cesare Zavattini). Non la pensava così Umberto Eco, che in più occasioni ha avuto modo di criticare alcuni programmi di Guglielmi, da «Un giorno in pretura» a «Chi l’ha visto?». Guglielmi ed Eco, che insieme avevano vissuto l’avventura dell’eterogeneo Gruppo 63, ebbero modo di confrontar­si in pubblico sul rapporto fra realtà e tv. Successe nel novembre del 1993, all’Accademia spagnola di Roma, durante la presentazi­one di un libro. La tesi di Eco (teorizzata in molti suoi scritti) è così riassumibi­le: la telecamera sembra uno strumento «oggettivo» ma, di fatto, collabora a costruire un punto di vista e ciò che noi percepiamo è frutto di un artificio retorico: ogni programma è figlio di una scelta linguistic­a, di una scrittura. Guglielmi rispose che assumendo la direzione di Raitre si era accorto di quanto la tv avesse divorziato dalla realtà: «Questo modo bugiardo e vile di vedere le cose diventò il nostro bersaglio. Occorreva usare in maniera diversa l’occhio della tv. Tendere a immagini meno velate, più veritiere». Compito della tv era di rendere la comunicazi­one più secca, più cruda (poi, fatalmente, si parte con Santoro e si finisce con i populisti). In termini teorici, quella di Eco è una tesi, quella di Guglielmi una poetica, di uno «Zavattini cattivista».

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