● La Nota L‘AZZARDO DI CHI VUOLE SFIDARE IL GOVERNO
Gli occhi rimangono puntati sulle convulsioni del Movimento 5 Stelle, all’origine della crisi virtuale. Ma nelle ultime ore sta emergendo per intera la marginalità politica dei grillini. Cresce invece la sensazione che le chiavi per la permanenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi siano in mano allo stesso centrodestra: quello di governo rappresentato da Lega e Forza Italia, non quello d’opposizione di Giorgia Meloni, anche se la convitata di pietra è lei. Il timore di drenare altri voti a suo favore sta spingendo Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ad alzare l’asticella delle richieste al premier. L’incontro di ieri nella residenza romana del fondatore di FI insieme con l’Udc è stato un segnale di larvata conflittualità verso Palazzo Chigi. Per legittimarlo, i commensali hanno additato come un’«impudenza» il colloquio di ieri mattina tra Draghi e il segretario del Pd, Enrico Letta: un incontro alla fine bilanciato da quello avuto ieri sera a Palazzo Chigi dai leader del centrodestra col premier. Ma ha colpito la decisione di porre a Draghi condizioni che complicherebbero la crisi. Dichiarare che non si può continuare a governare con una forza inaffidabile come il M5S è stata una mossa prevedibile. Aggiungere, come recitava una nota della Lega, una grande insoddisfazione per il lavoro della ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, e del ministro della Sanità, Roberto Speranza, dà la sensazione di un «più uno» che inserisce variabili inaspettate; e renderebbe più intricata e difficile da ricomporre la rottura ancora virtuale provocata la scorsa settimana dai grillini. Così, oggi alle 9:30 Draghi si presenterà in Senato per ottenere la fiducia, circondato da un caos che sembra già presagire la campagna elettorale. È quasi scontato che i 5 Stelle stiano per subire un’altra scissione, perché i vertici della Camera hanno annunciato che appoggeranno il governo, mentre le truppe del leader Giuseppe Conte sarebbero per il no. Ma l’esito della fiducia è in mano al centrodestra. E il modo in cui Salvini e Berlusconi raffigurano M5S e Pd come un’alleanza già fatta, ha il sapore di uno schema pronto per essere applicato in vista delle urne. Sempre che anche dentro Lega e FI non emerga una filiera filo-Draghi in grado di correggere l’impostazione dei due leader. I ministri berlusconiani Renato Brunetta, Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini avvertono che è opportuno votare comunque la fiducia. Carfagna aggiunge che altrimenti bisognerà spiegare chi e perché vuole «accompagnare un personaggio autorevole come Draghi alla porta». Il presidente leghista della Lombardia, Attilio Fontana, tenta di negare un documento dei governatori a favore di Draghi; ma sostenuto invece da quello veneto, Luca Zaia, pure del carroccio, per il quale non vanno poste condizioni. Il Quirinale osserva, con una preoccupazione intatta per un pasticcio che potrebbe costare molto caro all’Italia.