Moody’s e Fitch: con l’incertezza riforme più difficili
Le agenzie di rating a favore di una permanenza del governo. «A rischio un accordo sul bilancio 2023»
MILANO Cresce il numero — e il peso — delle prese di posizione italiane e internazionali a favore di una permanenza del premier Mario Draghi a Palazzo Chigi. Ieri sono scese in campo due delle principali agenzie di rating, Moody’s e Fitch, da cui dipende il giudizio sull’affidabilità del debito italiano.
«Le dimissioni di Mario Draghi da presidente del consiglio italiano dopo una spaccatura nel suo governo di unità nazionale annunciano una maggiore incertezza politica anche se venissero evitate le elezioni anticipate. Le implicazioni di breve termine per la politica economica e di bilancio dipendono dagli esiti politici; ma è probabile che le riforme strutturali e il risanamento di bilancio diventino più impegnativi».
Sulla stessa linea si pone anche Moody’s secondo cui l’esito del voto di fiducia al governo «è altamente incerto, ma i recenti eventi sono negativi per il credito e aumentano il rischio di elezioni anticipate». E teme che se anche Draghi
rimarrà premier, l’attuazione delle politiche sarà più difficile in vista delle elezioni ed «il governo potrebbe avere difficoltà a trovare un accordo sul bilancio 2023». Sul versante italiano c’è da segnalare la presa di posizione di Aidaf, l’Associazione delle aziende familiari, che per la prima volta nella sua storia interviene nel dibattito politico. L’Aidaf manifesta «il pieno sostegno al premier Mario Draghi e al governo da lui presieduto affinché possano portare avanti il piano di rilancio del nostro Paese». «Non vorremmo vedere vanificato questo percorso virtuoso, che ha ridato all’Italia un ruolo centrale in Europa».
«I rischi che corriamo sono enormi — ha sottolineato anche Massimo Ferrari, docente
Luiss di Gestione dei rischi. Secondo Ferrari è importante che ci sia la consapevolezza che «l’effetto del prolungarsi della crisi o dell’incertezza generata dalle elezioni sui tassi di interesse» potrebbe portare a una stretta monetaria. Effetti che ricadrebbero «soprattutto sui più deboli: le imprese più deboli, le amministrazioni comunali più deboli, che sarebbero costrette a tagliare i servizi a chi ha minori disponibilità».