Letta infonde ottimismo al Pd «Sarà una bella giornata»
Il segretario e il rapporto con i 5 Stelle: «Faremo le nostre valutazioni in base a quello che diranno in Aula»
La riunione del gabinetto di guerra del Pd, che porta il ben più prosaico nome di coordinamento politico, convocata ieri da Letta, fotografa bene il tormento dei dem e il loro leader: comunque andrà a finire bisognerà fare il tagliando ai rapporti con il M5S. «Faremo le nostre valutazioni in base a quello che diranno in Aula», taglia corto Letta. Il segretario, reduce da un incontro mattutino con Draghi, affronta una lunghissima e impegnativa giornata.
Da quel colloquio Letta ha capito che «Draghi non vuole certo commissionare partiti e Parlamento», ma non intende nemmeno guidare un governo che tiri a campare. Perciò, come spiegato ai suoi parlamentari il leader dem: «Lo spiraglio che abbiamo intravisto l’altro giorno non si è chiuso, ci sono spazi, ma è un passaggio difficile complicato e non voglio che si creino false speranze». In pubblico sfoggia maggior ottimismo: oggi, dice, «sarà una bella giornata, ne sono sicuro».
È un martedì faticoso, questo per Letta, che comincia con l’incontro con Draghi e prosegue con il coordinamento, poi altri incontri, quindi la festa dell’Unità di Roma. Da quel palco avverte: «Se domani cade Draghi un plauso salirà dal Cremlino». In quell’occasione gli chiedono se è deluso da Conte e lui replica: «Non parlo di psicanalisi». Infine, a sera, va all’assemblea dei parlamentari per ribadire che il Pd «darà la sua fiducia convinta a Draghi» e le sue parole vengono accolte da un fragoroso applauso.
Ma, come si diceva, è nel gabinetto di guerra, lontano da orecchie indiscrete, che i dem affrontano l’incertezza della situazione. Letta comincia preannunciando «un appello a tutte le forze della maggioranza per continuare questa esperienza di governo e rilanciarla, senza mettere veti, senza prendersela gli uni con gli altri. Il governo di unità nazionale è un’occasione troppo importante per buttarla via. Dobbiamo essere tutti della partita». Anche il M5S, quindi.
Questo l’avvio. Ma la chiusura non è all’insegna dell’ottimismo. Il segretario evoca il voto anticipato: «È possibile che nelle prossime ore dovremo vivere un po’ di sconquassi che ci obbligheranno a fare delle scelte, anche in evoluzione rispetto a quello di cui abbiamo parlato fino ad oggi. Ho letto alcune dichiarazioni del centrodestra che lasciano intendere questo. Perciò è possibile che siamo chiamati a scelte per cui è fondamentale l’unità senza aver paura del Paese, perché tanto tra pochi mesi parleremo comunque al Paese e il Paese ci parlerà». Un passaggio alquanto involuto da cui trapela il disagio del segretario. A sera la paura delle elezioni svanisce, ma restano gli interrogativi sul M5S.
La preoccupazione grava sul gabinetto di guerra a cui partecipano anche i ministri. Matteo Ricci punta l’indice sul M5S: «La loro responsabilità in questa vicenda è un elemento dirimente per noi». Quindi interviene Nardella, che esalta l’iniziativa dei sindaci e spiega: «Cosi possiamo rinsaldare il rapporto tra il Parlamento e il Paese». È l’idea di un nuovo campo largo, con la società civile e senza grillini.
Luigi Zanda lancia l’allarme: «C’è un elemento che potrebbe essere pericoloso al pari delle elezioni anticipate, una guerriglia politico-parlamentare nei confronti del governo sino alla fine della legislatura». Roberta Pinotti gli fa eco: «Quanto può essere disponibile Draghi ad andare avanti se c’è un Vietnam nella maggioranza?».
Goffredo Bettini osserva: «Le elezioni sarebbero un disastro. Perciò noi dobbiamo gestire gli importanti distinguo di Conte, che ha il merito di aver sollecitato le questioni sociali e ambientali, senza arrivare a una crisi formale». Irene Tinagli evoca la possibilità delle scontro sociale: «Prepariamoci a un autunno molto complicato». Bonaccini si scaglia contro Conte, «che ha rimesso in gioco Salvini» e rispetto al rapporto con il M5S sottolinea: «Prima o poi dovremo fare una discussione su questi due-tre anni». Walter Verini paragona le assemblee grilline a «un rave party, con Conte che finisce in ospedale come nelle migliori tradizioni dei rave». Una battuta, che però non serve a dissipare la preoccupazione.