Il regista dissidente Panahi condannato a 6 anni
Iran, arrestato per «propaganda antisistema» mentre visitava un carcere . È il terzo cineasta detenuto
«Incitavano a disordini», ma soprattutto «minavano la sicurezza psicologica della società». Così i due registi iraniani Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad sono stati arrestati per aver pubblicato sui social alcuni post circa il crollo di un edificio di dieci piani ad Abadan, che a maggio ha ucciso più di 40 persone. Il più celebre collega Jafar Panahi — 62 anni, già vincitore del Leone d’oro a Venezia, del Pardo d’oro al Festival di Locarno e dell’Orso d’argento alla Berlinale, e anche insignito del premio europeo Sakharov
per i diritti umani— ha cercato di visitarli nel carcere di Evin dov’erano detenuti: è stato arrestato, e condannato ieri a sei anni di prigione, che mettono in pratica anche una vecchia condanna sospesa.
Il regista è noto come esponente di un «neorealismo iraniano», simile allo stile del connazionale Abbas Kiarostami; la sua critica sociale è però, ben più che in Kiarostami, molto esplicita. La condanna a sei anni risale al 2010; il regista scontò allora due mesi prima di essere rilasciato su cauzione condizionale, e per la sua liberazione avevano firmato appelli cinquanta registi iraniani, i ministeri degli Esteri e della Cultura francesi, politici e intellettuali da tutta Europa e decine di cineasti come Ken Loach, Abbas Kiarostami, Juliette Binoche. Arrestato senza che gli fossero contestati i capi d’imputazione, il regista era stato poi detenuto per «propaganda contro il sistema» e «associazione illecita con lo scopo di nuocere alla Repubblica», girando un documentario circa le elezioni disputate nel 2009, vinte da Mahmoud Ahmadinejad.
Fu poi rilasciato, e gli fu vietato di girare film e viaggiare all’estero per 20 anni. Ma Panahi è comunque riuscito a realizzare i lavori per cui poi è stato premiato alla Berlinale (Taxi nel 2015) e a Cannes (Three Faces nel 2018).
Ora l’arresto dei colleghi, come Panahi nel mirino delle autorità dal 2010. Ad ora la prima istituzione straniera a mobilitarsi è stata il festival di Cannes, che chiede l’immediato rilascio dei tre.