Via D’Amelio, Mattarella: «Verità sui depistaggi»
Alle 16.59 cala il silenzio in via D’Amelio. E per un minuto tacciono le polemiche sulle passerelle istituzionali, le accuse di verità negate, le contestazioni dei politici colpevoli di non aver preso le distanze dalla mafia. Ma è solo una tregua, il tempo di fermarsi per leggere il nome delle sei vittime della strage: Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli, uccisi, il 19 luglio di 30 anni fa, da 50 chili di tritolo mafioso. «Ringrazio tutti voi che ci date la forza e il coraggio di andare avanti», dice Antonino Vullo, unico poliziotto sopravvissuto all’attentato. Mentre il fratello del giudice assassinato, Salvatore, che nei giorni scorsi aveva più volte chiesto a politici ed esponenti delle istituzioni di non presentarsi alle commemorazioni, collegato da casa legge una poesia. In prima fila, davanti all’ulivo che raccoglie pensieri e disegni dei «pellegrini della memoria» che tutto l’anno rendono omaggio ai caduti di via D’Amelio, i familiari delle vittime, l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice e l’ex sindaco Leoluca Orlando. Defilato, dopo una silenziosa contestazione di un gruppo di giovani, che hanno platealmente voltato le spalle al suo arrivo, il neo-sindaco Roberto Lagalla, a cui non è stato perdonato l’endorsement ricevuto in campagna elettorale da Marcello Dell’Utri e Salvatore Cuffaro, l’ex senatore azzurro e l’ex governatore siciliano condannati per collusioni con la mafia. In mattinata in via D’Amelio arriva anche il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. «Non c’è dubbio che non ci sia memoria senza verità», dice dopo aver incontrato un gruppo di studenti e gli attivisti del Centro Borsellino, facendo eco alle parole del Capo dello Stato Sergio Mattarella che, in un messaggio, ha invocato la verità sui responsabili dell’attentato e sui «tentativi di deviare le indagini». Un appello «a far luce sugli aspetti oscuri di quella drammatica stagione» è arrivato anche dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Richieste forti che seguono di qualche giorno la sentenza che ha assolto uno dei tre poliziotti imputati di quello che i giudici hanno definito «uno dei più gravi depistaggi della storia repubblicana» e dichiarato prescritte le accuse contestate agli altri due. La giornata del ricordo, che ha visto a Palermo anche il capo della Polizia Lamberto Giannini, si è chiusa con una fiaccolata che dal centro di Palermo è arrivata in via D’Amelio.