Sabotaggi e soldi dai lavoratori: sei sindacalisti arrestati
Centinaia di camion e furgoni bloccati illegalmente dai picchetti ai cancelli degli stabilimenti, la logistica nazionale fermata da scioperi e manifestazioni spesso pretestuosi ed i colossi della distribuzione e dell’ecommerce costretti a venire a patti con i dirigenti di due sindacati autonomi in guerra tra loro che dal 2016 avrebbero tenuto in scacco il sistema delle spedizioni nel Piacentino non nell’interesse dei lavoratori, ma per il proprio tornaconto personale, anche economico: sono le accuse delineate dalla Procura di Piacenza che hanno portato agli arresti domiciliari sei sindacalisti del Si Cobas, tra cui due dirigenti nazionali, mentre due rappresentanti dell’Usb hanno subito il divieto di dimora.
«Abbiamo massimo rispetto per l’attività sindacale lecitamente svolta. Non è un’operazione contro i sindacati di base ma su alcuni leader che li hanno gestiti come cosa loro a scapito dei lavoratori onesti», premette il procuratore Grazia Pradella in una conferenza stampa mentre in strada un centinaio di persone manifestano solidarietà agli indagati, l’Usb proclama uno sciopero generale della logistica contro un «teorema antisindacale» e Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti chiedono alla magistratura di «fare chiarezza al più presto». Associazione per delinquere finalizzata a violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio, interruzione di pubblico servizio sono le accuse dei 150 capi di imputazione dell’ordinanza del gip Sonia Caravelli. Tra gli altri, ai domiciliari finiscono il coordinatore nazionale del Si Cobas Aldo Milani, 74 anni, e Carlo Pallavicini, 36 anni, delegato provinciale già arrestato nel 2021 dopo i disordini davanti alla Tnt e rimesso in libertà dal Riesame per insufficienti esigenze cautelari. Le indagini della polizia coordinate dal pm Matteo Centini sono sui metodi usati in manifestazioni che hanno riguardato, tra gli altri, Gls, Sda, Leroy Merlin, Ikea, Amazon alimentate per «condurre una battaglia di potere» e raccogliere soldi tra i lavoratori (finiti anche su conti di indagati) tenendo alto «lo stato di conflittualità» e «arrecare più danno» possibile alle aziende, una ha perfino chiuso, anche sabotando un impianto.
Le imprese del settore usano cooperative di lavoratori i quali vengono esodati alla scadenza del contratto. Temendo altre manifestazioni, i manager accoglievano le richieste dei sindacalisti che, per l’accusa, gestivano il «racket delle assunzioni».