IL GIOCO DI OLDENBURG CHE APRÌ LA STAGIONE MULTICOLOR DI MILANO
Ago, filo e nodo coglieva prima del tempo il fermento che avrebbe acceso Milano. Matassa ingarbugliata, per chi fosse atterrato a piazzale Cadorna all’inizio del millennio quel gigantesco ago che puntava dritto al centro della Terra davanti alla stazione era un enigma. La città lavorava, correva e sfilava ma non era ancora la metropoli colorata e pop che sarebbe diventata nei vent’anni successivi. I tre fili che s’abbracciavano come spire di serpente, l’autoctono biscione, e inseguivano treni sotto il suolo per riemergere appena più in là brillanti di rosso, giallo e verde erano un frammento di meteorite, morbido e duro, ironico e serio. Non sur-reale, poiché l’artista-artigiano non voleva superare la realtà né caricarla di significati, gli bastava espanderla, forzarne i confini per accostarsi alla smisuratezza della vita. Scanzonato gigante della Pop Art, Claes Oldenburg, lo scultore svedeseamericano morto lo scorso 18 luglio a 93 anni, aveva concepito questa come le altre opere realizzate a partire dagli anni Settanta con Coosje van Bruggen, seconda moglie e compagna d’ispirazione, la parte concettuale di una dualità indissolubile. Insieme avevano creato un codice di rigore assoluto. Oggetti d’uso quotidiano trasformati in mostri urbani, astratti eppure in dialogo con lo spazio pubblico. Cazzuole e coltelli, piantatoi, mollette e cucchiai: tutti fuori scala, esagerati ed esasperati, talvolta inseriti in performance che mescolano teatro e architettura, sempre accarezzati da uno sguardo che sfugge alla norma ed elevati a misteriose metriche celesti. Prima, l’atto artistico di Oldenburg era stato sberleffo dell’ubriacatura consumistica americana, con forchettate di spaghetti, hamburger e fette di torta già enormi, forme sformate che tradivano disgusto per l’ignoranza del limite. Gioco che chiama fuori, spinge in alto il pensiero, allarga lo spazio e il cuore. Anticorpi contro gabbie mentali, opinioni dominanti e omologanti, verità che cancellano dubbi e increspature: la meraviglia e l’immenso, come nell’ultimo lavoro in coppia prima della scomparsa di Coosje nel 2009, un bouquet di fiori di campo che cadono e fluttuano oltre il tempo.