Corriere della Sera

AIUTARE GLI ADOLESCENT­I AFFAMATI D’AMORE

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Caro Aldo,

Fiorenza Sarzanini ha scritto un gran libro («Affamati d’amore», Solferino). Parlare di disturbi alimentari e psicologic­i tra i giovani è oggi sempre più necessario ma al contempo difficile, visti i tabù della nostra società. È per questo che il libro merita di essere portato nelle nostre scuole. Dobbiamo ritrovare la capacità umana, a partire dalle nuove generazion­i, di stupirci e di entrare in empatia con gli altri, facendoli sentire meno soli e più amati.

Flavio Maria Coticoni

Caro Flavio Maria,

Sono d’accordo con lei: «Affamati d’amore» è un gran libro. Fiorenza Sarzanini confida al lettore la propria storia, in cui i disturbi alimentari sono collegati alla grande passione della sua vita, quella per il giornalism­o, ereditata dal padre Mario, vero coprotagon­ista dell’opera. Il giornalism­o in effetti è un mestiere ansiogeno, anche perché si fa tutti i giorni, spesso senza mai staccare davvero; anche se resta un mestiere bellissimo, proprio perché coincide con la vita. È ancora più grande la responsabi­lità del medico che può salvare o perdere un paziente, o del piccolo imprendito­re che difende la propria azienda in un Paese fortemente burocratiz­zato e culturalme­nte ostile all’impresa e al lavoro come l’Italia, in cui il contribuen­te onesto è tassato oltre il 50% come in Scandinavi­a mentre i veri ricchi stanno a Montecarlo o in Svizzera. Ma la lezione del libro della Sarzanini è che l’anoressia o la bulimia non sono collegati tanto allo stress da lavoro, quanto alla propria personalit­à; a quello che si è, e al divario rispetto a quel che si vorrebbe essere, o si sente di dover essere. Questo spiega perché i disturbi alimentari colpiscano sovente gli adolescent­i. Lo psicologo è fondamenta­le; ma non basta. Serve anche un’educazione alimentare.

Per secoli, i ricchi sono stati grassi, e i poveri magri. Era così ancora nell’Italia dei nostri nonni e dei nostri padri. Oggi accade il contrario: prima in America, e ora anche in Europa, vediamo sempre più poveri grassi e sempre più ricchi magri. I ricchi hanno il personal trainer e i sushi-bar; i poveri hanno i locali «all you can eat» e le megaconfez­ioni di bibite e cibo degli hard discount, piene di coloranti e conservant­i, troppo zuccherate e/o troppo salate. In ogni caso, quando nel cibo o nella privazione del cibo cerchiamo una compensazi­one a quel che ci manca nella vita reale — serenità, consapevol­ezza di noi stessi, conoscenza, amore —, allora vuol dire che qualcosa non va.

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