Corriere della Sera

Gimbo il lottatore «Uno schiaffo forse ci farà bene»

- DALLA NOSTRA INVIATA g. pic.

EUGENE Nel gioco dei vasi comunicant­i tra i due ori olimpici a dieci minuti di distanza, Gianmarco Tamberi è quello incrinato ma non abbastanza (rispetto a Jacobs) da impedirgli di saltare. Ha cambiato la rincorsa per sentire meno la fitta al retto femorale della gamba di stacco (questione di anche spostate in avanti), ha dialogato q.b. (quanto basta) con il papà-coach Marco, con cui rimarrà separato in casa («Eravamo arrivati al punto di pensare cose diverse, qui a Eugene abbiamo raggiunto un compromess­o. Troveremo il modo di parlarci e capire» dice Gimbo, ma la sensazione è che la frattura sia più personale che tecnica: difficile, quindi, da ricucire), si è battuto come il solito leone con la mezza barba (ritorno al passato). Tutto inutile. Quarto.

Un piazzament­o onorevole («Sono orgoglioso di aver tirato fuori il carattere») non può far contento il campione olimpico dell’alto. Se l’oro dell’amico Mutaz Barshim è sacrosanto (sei salti perfetti, trionfo sigillato a 2,37), se il coreano Woo re iridato indoor si è confermato il più in forma (2,35) degli altri, forse si potrebbe recriminar­e sul bronzo finito al collo, con pari misura (2,33, primato stagionale per l’azzurro: un segno di classe), dell’ucraino Protsenko, bravo a emergere dopo un avvio incerto: la differenza tra bronzo e legno l’ha fatta aver saltato al primo tentativo, anziché al secondo. Però Gimbo non ha voglia di recriminaz­ioni né di polemiche: «Non posso essere infelice dopo una finale così — ha spiegato nella pancia di Hayward Field —. 2,33 alla vigilia, nelle mie condizioni, sembrava un’utopia. E di certo l’Ucraina, travolta dal dramma della guerra, ha più bisogno di me del piccolo sollievo di questa medaglia».

Esuberante nel trionfo, sportivo nella sconfitta. Nel trolley che si trascina dietro in pedana, Tamberi ha infilato qualche nuova consapevol­ezza: «Mi sono sentito vivo, pieno di energia dopo un periodo difficilis­simo e tormentato». Si riparte da qui verso l’Europeo, con le stesse identiche esigenze dell’amico Marcell: «Ora mi fermo e sistemo il problema fisico. A Monaco voglio arrivare con altre certezze, per divertirmi senza sofferenza. Basta dolore. Va aggiustata la tecnica: fino a qui sono stato inconstant­e, è normale. Il programma è da definire ma l’asticella a 2,35 non la vedevo da un po’ e mi ha dato una grande carica».

Si è meritato un hamburger gigante (non le 14 mila calorie di Nick Ponzio, folklorist­ico ma deludente lanciatore), i baci della sua Chiara (a Tamberi e Jacobs è stato permesso di portare le compagne e stare in albergo: piccoli lussi di chi è salito sull’Olimpo), lo stacco mentale necessario per ricaricare le batterie. All’Italia che, senza miracolosi sussulti (nella notte Tortu e Kaddari hanno cercato la finale dei 200 e Vallortiga­ra il podio dell’alto), guarda alla 35 km di marcia di Stano come al ciambellon­e di un Mondiale stregato, Gimbo manda una cartolina sentimenta­le: «Sappiamo tutti che valiamo i 5 ori di Tokyo. Forse stiamo pagando l’aver portato i motori al limite, forse abbiamo bisogno di uno schiaffo per ricordarci chi siamo». Terapia d’urto, dottore, sperando che serva.

Jacobs

Al coperto ero andato bene, poi è arrivato il guaio in Kenya. L’obiettivo adesso è arrivare agli Europei nella forma della vita

Tamberi

Ora mi fermo e sistemo i problemi fisici. A Monaco voglio arrivare per divertirmi e saltare senza dolore

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(LaPresse) Quarto Gimbo Tamberi si carica

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