Forza Italia, l’addio di Gelmini
L’amarezza di Carfagna e Brunetta, Cangini vota la fiducia Lite in Aula tra la responsabile agli Affari regionali e Ronzulli
ROMA La spaccatura è plastica, sotto gli occhi di tutti, dopo mesi di scontri a distanza e veleni reciproci. Mariastella Gelmini, ministra ipercritica verso la linea da tempo imboccata da Forza Italia, e Licia Ronzulli, fedelissima del Cavaliere che molti considerano la più filo-leghista del suo ristretto cerchio, entrano in collisione e non se le mandano a dire. Mentre la prima discuteva col collega Massimo Ferro, che considerava un errore di Draghi aver posto la fiducia sulla risoluzione Casini, il clima si è scaldato. E Gelmini e Ronzulli sono entrate in collisione, prima in Aula e poi uscendo, rinfacciandosi colpe e responsabilità: «Sei contenta adesso che hai mandato a casa Draghi?», l’accusa della Gelmini alla collega. Che arrabbiatissima le ha risposto irridente: «Ma vai a piangere da un’altra parte, e prenditi uno Xanax!».
È uno dei tanti segnali di grande tensione in Forza Italia, divisa tra area governista e quella coalizionista, più o meno vicina a Salvini. Al di là delle accuse incrociate, una cosa è certa: Berlusconi ha scelto da solo di togliere la fiducia a Draghi e di andare al voto, non ci sono cattivi o buoni consiglieri. Anche chi nutriva qualche dubbio — la Ronzulli smentisce che fosse tra gli ispiratori della mossa, Tajani ha provato fino all’ultimo a tenere bassa la tensione — alla fine ha totalmente avallato la decisione del Cavaliere. E Gianni Letta, che fino all’ultimo ha tentato di tenere viva la fiammella del dialogo, è stato isolato, se non escluso, dai vertici decisivi.
Un effetto che è tutto da misurare sul partito, soprattutto nell’ala governativa, che ha vissuto con amarezza e choc la situazione. Ancora il giorno prima il ministro Brunetta escludeva che FI potesse votare contro, ma ieri — pur amareggiato — ha preferito chiudersi in un totale no comment. Come Mara Carfagna, che nei giorni scorsi aveva avvertito quanto potesse essere grave uno strappo, quanti danni avrebbe provocato al Paese e alla stessa credibilità di FI, che a questo punto — è il timore — verrà fagocitata dalla Lega e perderà ogni ruolo autonomo di baricentro moderato.
Se Gelmini ha subito chiuso la sua storia — c’è chi prevede un approdo con il centro di Calenda, Renzi, Toti, mentre Gaetano Quagliariello già la invita a costruire insieme un’alternativa moderata — sugli altri è difficile fare previsioni. Allo stato, oltre alla Gelmini, l’unico che pubblicamente si è dissociato dal partito è Andrea Cangini, che in dissenso con il gruppo ha votato la fiducia: «Non vedo un fatto politico nuovo, che giustifichi un cambio di voto da parte mia». Non altri, per ora. Che guardano anche a quello che succederà con le candidature. Perché i princìpi contano, ma anche il proprio personale destino politico.