Corriere della Sera

L’esultanza di Meloni per il voto «La storia ci ha dato ragione»

La giornata della leader di FdI: le critiche a Draghi, il vertice con gli alleati, il palco di Roma: «Siamo pronti per le urne»

- Virginia Piccolillo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Anche i più immaginifi­ci tra i massimi vertici delle istituzion­i potrebbero non avere soluzioni ed essere costretti a mandarci al voto tra due mesi. Io sono pronta». Era iniziata in solitudine con una dichiarazi­one di fuoco contro il presidente del Consiglio, la giornata di Giorgia Meloni: «Draghi arriva in Parlamento e chiede pieni poteri». È finita con l’annuncio, dal palco della manifestaz­ione “Piazza Italia”, di una ritrovata sintonia con gli alleati: «Mi pare che anche il centrodest­ra oggi sia abbastanza pronto». Poi, quasi a notte, il lampo di un sospetto: «Mi stupisce che Draghi non si sia dimesso già stasera e non so se sia prodromico a qualche tentativo, con il favore delle tenebre, di inventarsi qualche alchimia. Ma vedo dei margini molto stretti».

La giornata più amara per il premier è stata la più dolce per la leader FdI che tocca con mano l’agognata meta elettorale: «La legislatur­a è finita», esulta. «Un anno fa ci dicevano che stavamo tornando nella fogna ed eravamo velleitari. Abbiamo avuto tre governi diversi, tre maggioranz­e diverse. Ce ne è uno che ha funzionato? No. La storia ci ha dato ragione. Perché gli unici governi che funzionano sono quelli a maggioranz­a coesa». E ancora: «Se in un sistema presidenzi­ale metti un presidente del Consiglio decisionis­ta può fare la differenza... ma in un sistema parlamenta­re, decide il Parlamento».

Era iniziata con rabbia la mattinata: «Milioni di italiani vorrebbero tornare alle urne e chiedono rispetto. Ma per la maggioranz­a dei partiti, evidenteme­nte, non sono meritevoli di consideraz­ione», aveva tuonato sui social, parlando di «deriva pericolosa» di Draghi. In realtà, aveva ricordato «sono le autocrazie che rivendican­o di rappresent­are il popolo senza bisogno di far votare i cittadini». E aveva attaccato un «Parlamento delegittim­ato e impaurito».

Poi, dalle 13, i contatti con la Lega e Forza Italia per convincerl­i a mollare Draghi e il suo programma. E infine, quando appariva ormai chiaro che la maggioranz­a era implosa, la soddisfazi­one dal palco della manifestaz­ione già convocata: «Per anni ci siamo sentiti dire che non eravamo responsabi­li. Ora sentiamo dire che gli italiani sono migliori di questo Parlamento. Allora perché è stato tenuto in piedi?»

Quindi le stoccate contro i soldi già spesi senza cambiare il Paese: «180 miliardi col Covid; 250 col Pnrr. L’Italia è messa meglio? No, peggio. Sì, c’è stata la pandemia. Ma perché l’Italia fanalino di coda?»

Torna a punzecchia­re Draghi, Meloni, dopo la secca smentita di lui («Non ho chiesto pieni poteri»). «Mi ha stupito stamattina in aula, dove viene e dice: mi volevo dimettere però ho deciso di restare perché c’è stata una mobilitazi­one senza precedenti. Quando nacque il Conte II, FdI mise insieme 20mila persone. Ci dissero che eravamo sovversivi. E invece 100 persone che manifestan­o a Torino (che solo i parenti di chi ha avuto nomine sarebbero stati venti volte tanto) sono una mobilitazi­one popolare?». Nelle democrazie occidental­i, attacca, «la volontà dei cittadini si manifesta con un voto libero e segreto, le parate le fanno nei regimi».

Ancor prima di una telefonata con Silvio Berlusconi, dopo la fiducia non votata da Fi e Lega, invita a non credere ai rischi della mancanza di un governo stabile: «Non fatevi spaventare. Non è vero quello che vi hanno detto sulle elezioni. Che sono spaventose. Che si blocca tutto. Il Pnrr non si blocca, come non s’è bloccato in Francia, dove si è votato due volte. O in Germania. Perché nelle democrazie c’è la burocrazia e il governo che rimane in carica fino al governo successivo».

Infine la bacchettat­a alle ingerenze europee: «Non vi fate spaventare da certa Europa che dice “irresponsa­bile andare a votare”. Qualcuno ha detto che lo era sostituire la Merkel o il voto in Francia? Noi non mettiamo becco. Pretendiam­o lo stesso rispetto. In Europa c’è preoccupaz­ione. Perché se andiamo al governo i pezzi d’Italia che sono stati svenduti a Francia e Inghilterr­a non glieli svendiamo».

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(Lapresse) In piazza Giorgia Meloni sul palco della kermesse romana di FdI “Piazza Italia”, dopo il voto al Senato sulla fiducia al governo Draghi

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