Corriere della Sera

Conte: ci hanno messi alla porta Ma nel M5S esplode lo scontro

La rabbia dei falchi dopo le parole del presidente del Consiglio Il nodo delle espulsioni e l’attacco dei governisti: «Inizia l’era Di Battista»

- Emanuele Buzzi

MILANO «Ma ti rendi conto?»: la rabbia esplode senza freni. È il momento in cui avviene lo strappo. Mario Draghi sta tenendo il suo discorso di replica e i big Cinque Stelle assistono. I falchi non trattengon­o la collera per le parole del premier su reddito di cittadinan­za e superbonus: sono sul piede di guerra da ore riuniti negli uffici di Palazzo Madama e la situazione per loro stava volgendo al peggio. Giuseppe Conte era tentato di dare il via libera alla fiducia, dopo l’ennesimo cambio di rotta della giornata. L’ultima riunione, quella per forza decisiva, sulla permanenza o meno nel governo è come un ottovolant­e: le posizioni cambiano di ora in ora.

Di primo mattino parte il pressing dei falchi che chiedono la linea dura, poi nel corso delle ore c’è un ammorbidim­ento della linea. La diplomazia M5S tenta un ultimo disperato colpo. E quasi ci riesce. Il Movimento sente anche la pressione degli alleati dem, eppure i senatori sono furenti. Le chat di Palazzo Madama, già dopo il primo intervento di Draghi in Aula, sono in fermento. I senatori mettono subito in chiaro la loro posizione: «Dobbiamo andarcene, che stiamo aspettando?». I governisti fanno scudo: «Così ci suicidiamo», dicono diversi esponenti. Alcuni si precipitan­o per allargare il più possibile il summit in corso, che inizialmen­te è ristretto a Conte e ai suoi vice. Partecipan­o anche i due capigruppo, Mariolina Castellone e Davide Crippa. La platea si allarga: alla fine sono presenti molti senatori e diversi deputati. Conte vuole ascoltare tutte le posizioni prima di fare una sintesi.

Lo scontro interno non si placa. Il muro contro muro di versioni e visioni contrappos­te prosegue senza soluzione di continuità. Dopo la replica, però, la situazione raggiunge un punto di non ritorno. «Come possiamo votare la fiducia dopo che ha fatto a pezzi superbonus e reddito di cittadinan­za? Ci vuole dignità», si sfoga un senatore. Ci si muove lungo una linea sottile e i vertici sono preoccupat­i: «Dobbiamo salvaguard­are la compattezz­a del gruppo» è il mantra. Dopo la decisione di non votare la fiducia, tra i governisti si respira scoramento: «Ora inizia l’era di Alessandro Di Battista leader dei Cinque Stelle».

Conte affronta i cronisti e attacca: «Abbiamo visto da parte del premier Draghi non solo indicazion­i generiche, purtroppo su alcune misure c’è stato anche un atteggiame­nto sprezzante. Questo ci dispiace molto perché abbiamo ricevuto anche degli insulti». «Siamo stati messi alla porta e non c’erano le condizioni per proseguire una leale collaboraz­ione», sostiene il presidente stellato. E ancora: «Il Movimento 5 stelle non ha mai chiesto un rimpasto o una poltrona in più. Non ha chiesto nulla di nulla per sé ma solo misure per i cittadini».

Dietro le parole del leader e

la mossa compatta dei senatori, però, covano ruggini profonde. Che potrebbero avere epiloghi inattesi. L’avvocato Lorenzo Borré ieri ha ricordato in un post: «Visto che il codice etico, utilizzato spesso e volentieri come una clava verso i dissidenti, imponeva la votazione a favore della risoluzion­e Casini (in quanto stabilisce l’obbligo di votare la fiducia a governi M5S, ndr), ora che si fa? Si attua l’autoespuls­ione di massa?». L’ipotesi di chiedere l’espulsione dell’intero gruppo di senatori — precludend­o loro una futura rielezione o un incarico interno — è già al vaglio di attivisti e delusi. In questo modo, verrebbero tagliati fuori da un futuro nel M5S contiano anche big come Paola Taverna o Vito Crimi, Ettore Licheri o Mario Turco. Una situazione al limite del grottesco. C’è chi ricorda: «Paragone è stato cacciato proprio per non aver votato la fiducia». Anche in questo caso, la strada si presenta tortuosa perché il collegio dei probiviri annovera tra le sue fila proprio due senatori (Barbara Floridia e Danilo Toninelli) e quindi sarebbe in conflitto di interessi per un giudizio sui colleghi di Palazzo Madama. Il duello tra fazioni, insomma, non è per niente concluso.

Era pronto all’appoggio esterno, ha cambiato idea dopo aver ascoltato la replica di Draghi: «Ha calpestato la nostra dignità politica»

 ?? (Alessandro Di Meo/Ansa) ?? Ex premier Il leader del M5S Giuseppe Conte fotografat­o mentre esce di casa per recarsi al Senato. È stato presidente del Consiglio dal 1º giugno 2018 al 13 febbraio 2021
(Alessandro Di Meo/Ansa) Ex premier Il leader del M5S Giuseppe Conte fotografat­o mentre esce di casa per recarsi al Senato. È stato presidente del Consiglio dal 1º giugno 2018 al 13 febbraio 2021

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