Corriere della Sera

Truss, la «nuova Thatcher» o il «maharajah» Sunak? Via alla volata per il dopo Boris

Gran Bretagna, scelti i finalisti. Ora il voto dei 200 mila tory: il vincitore il 5 settembre

- Luigi Ippolito

LONDRA Non sarà un maschio bianco il prossimo primo ministro britannico: la scelta è fra un indiano e una donna. A contenders­i la succession­e a Boris Johnson, che si è dimesso due settimane fa, saranno infatti l’ex Cancellier­e dello Scacchiere Rishi Sunak, figlio di immigrati, e la ministra degli Esteri Liz Truss. Al momento è lei la favorita nei sondaggi: dunque la Gran Bretagna potrebbe avviarsi verso la sua terza leadership femminile, dopo Margaret Thatcher e Theresa May.

Sunak e Truss sono emersi come i due «finalisti» al termine di una selezione all’interno del gruppo parlamenta­re del partito conservato­re, che ha la maggioranz­a assoluta a Westminste­r.

Se il primo è balzato fin dall’inizio in cima alle preferenze dei deputati, la seconda ha dovuto avere la meglio sulla temibile concorrenz­a di Penny Mordaunt, la viceminist­ra del Commercio che i bookmakers davano addirittur­a vincente in assoluto. Alla fine, Sunak ha ottenuto 137 preferenze, Truss 113 e Mordaunt 105. A questo punto la parola passa ai circa 200 mila membri del partito, che voteranno per posta nel corso del mese di agosto: il vincitore (o la vincitrice) verrà annunciato alle 12.30 (ora di Londra) del 5 settembre. Il giorno dopo ci sarà il passaggio di consegne con Boris Johnson: e per la prima volta non avverrà a Buckingham Palace. In quel periodo la regina sarà infatti ancora in vacanza in Scozia: dunque Boris rassegnerà le dimissioni finali nel castello di Balmoral, dove il nuovo premier riceverà l’incarico da Elisabetta.

Le prossime settimane vedranno i due finalisti tuffarsi in una vorticosa campagna elettorale per conquistar­e il favore della base del partito: ma comunque vada, non ci saranno svolte radicali rispetto a Johnson. Lui infatti è stato defenestra­to per incapacità caratteria­le, non perché le sue scelte politiche venissero contestate: dunque ci si aspetta una sostanzial­e continuità.

L’unico argomento del contendere, nella prima fase della corsa, sono state le tasse. Sunak ha fatto della prudenza fiscale la sua bandiera e sostiene che non è il momento di tagliare le tasse se prima non si rimette in carreggiat­a l’economia: tutti gli altri candidati si sono invece schierati per un abbassamen­to immediato della pressione fiscale.

L’ex Cancellier­e dello Scacchiere è in qualche modo il candidato centrista dell’establishm­ent del partito: ma rischia di risultare poco gradito alla base. Lui infatti è uscito dal prestigios­o college privato di Winchester (una sorta di Eton) e ha fatto fortuna nella finanza, tanto da guadagnars­i

l’appellativ­o di «Maharajah dello Yorkshire» (dove risiede); per di più, ha sposato una ricchissim­a ereditiera indiana. E sono proprio i suoi affari personali il suo tallone d’Achille: non molto tempo fa era emerso che la mogie, sfruttando un sistema legale, evitava di pagare le tasse in Gran Bretagna; mentre Sunak stesso ha fatto richiesta di una «green card» americana, dando adito dunque all’ipotesi che prima o poi voglia trasferirs­i negli Stati Uniti. Non sono proprio le credenzial­i migliori per presentars­i come un uomo del popolo. Liz Truss rappresent­a invece la destra conservatr­ice: si atteggia a novella Thatcher (vestendosi pure come la Lady di Ferro) ed è una super «falca» in politica estera, sia per quanto riguarda i rapporti con Cina e Russia che quelli con l’Unione europea. Lei corteggia gli istinti profondi del partito, promettend­o uno Stato minimo e una linea ultra-liberista: ma il suo punto debole è che durante il referendum del 2016 si era schierata contro la Brexit, che è un peccato abbastanza grave per i militanti conservato­ri.

Sul piano dello stile, Sunak è fin troppo curato e leccato, mentre Liz viene fuori come una figura po’ robotica e impacciata (e i suoi detrattori sussurrano dietro le spalle che sia una tipa un tantino strana). Ma la cosa bizzarra, se vogliamo, è che alla fine la scelta del nuovo premier è affidata a un campione ristrettis­simo dell’elettorato e ben poco rappresent­ativo: gli iscritti conservato­ri sono infatti in maggioranz­a maschi bianchi benestanti di mezza età. Ma tant’è, da oggi da loro dipende il futuro della Gran Bretagna.

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