Panatta con Veronesi: ero il numero 4 (ed ero felice)
Il tennista e lo scrittore, Adriano Panatta e Sandro Veronesi. Il servizio di copertina del nuovo 7 domani in edicola con il Corriere della Sera e in edizione digitale è firmato dallo scrittore che figura tra gli autori della serie Una squadra, che ha raccontato la vittoria dell’Italia nella Coppa Davis del 1976 in Cile. Vittoria storica, non era mai successo (e non è successo più). Ed epica, fatta di gesti non solo sportivi che hanno disegnato un destino. Per Veronesi, poi, non va dimenticato che Panatta e gli altri, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli, non appartenevano a quelle classi sociali alte che, fino agli
Anni 60, erano le sole a praticare il tennis. «Non ho mai avuto voglia di rivincite sociali, perché non conosco l’invidia», risponde però Panatta allo scrittore. «Da piccolo stavo nella mia casa dietro il circolo (dove il padre lavorava; ndr), che era recintata. Avevo il mio muro dove giocavo a tennis tutto il giorno. Non mi ricordo di aver mai giocato con i soci».
Crescendo, Panatta giocava per vincere come tutti i professionisti. Ma non essere andato oltre il numero 4 al mondo non l’ha fatto soffrire. Mi hanno sempre accusato di non allenarmi abbastanza, ma non è vero. Anzi, è posta male la questione, perché se uno è qualcosa non può essere anche un’altra cosa. Io sono quella cosa lì, quello che si vedeva, io che vincevo e anche io che perdevo». Di arrivare al numero uno «non me ne fregava niente», dice. «La cosa di cui sono orgoglioso è che nel ’76 secondo me io sono stato il primo al mondo sulla terra battuta, che è la superficie dove sono cresciuto».
Ricorda con gioia la vittoria sul grande Jimmy Connors. «Ho goduto tantissimo. Lui era particolarmente antipatico in campo e fuori: voleva fare lo spiritoso ma non ci riusciva». Tra i campioni era affascinato da Borg: «Lo chiamavo il matto calmo, anche per come giocava, c’era una vena di pazzia. Io ho visto chiunque fare un sorriso in campo: lui no. Finché ha giocato era una persona, poi si è trasformato. Proprio come dottor Jekyll e Mr Hyde».
Nel tennis di oggi Panatta si entusiasma per Federer, Nadal, Djokovic, Murray, anche Berrettini, e Tsitsipas, Shapovalov, Alcaraz: «Loro giocano bene. Sono quelli che giocano sempre uguale che non mi piacciono». Chi non sopporta, poi sono quelli che urlano: «é una cosa che mi fa schifo!».