Corriere della Sera

QUANDO ELIO VITO ERA IL BERSAGLIO DEI CRONISTI

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Caro Aldo,

ho appreso che di recente Elio Vito si è dimesso da deputato. Non conosco bene il suddetto deputato e non mi interessa a che schieramen­to politico appartenga.

Si è dimesso non per motivi di salute o famigliari ma ideologici.

Pietro Comastri

QCaro Pietro,

uando nel 2001 Silvio Berlusconi vinse le elezioni, proposi all’allora direttore della Stampa, Marcello Sorgi, di fare una sorta di viaggio tra i nuovi potenti, i capi di Forza Italia, che si preparavan­o a governare per cinque anni. Un po’ tutti facevano a gara a spararle grosse, per compiacere il capo. Enrico La Loggia disse che si sarebbero contati gli anni a partire dall’avvento di Berlusconi, tipo Gesù. Pietro Lunardi, che aveva un’azienda di infrastrut­ture e fu messo alle Infrastrut­ture, sostenne che bisognava ritrovare «lo spirito degli antichi costruttor­i, tipo Cheope». Umberto Scapagnini sentenziò che Berlusconi era «tecnicamen­te quasi immortale». Il più scettico sul futuro mi parve Antonio Martino, liberale pessimista.

Elio Vito era già allora una delle vittime preferite di noi giovani cronisti. Qualcuno lo chiamava «Elio Vitreo», per via dello sguardo. L’avevo seguito in campagna elettorale: l’avevano candidato nel Prenestino 23, il collegio di Francesco Rutelli, che era il candidato premier di centrosini­stra e il sindaco di Roma uscente. «Li deve cacciare tutti!» gli gridava la gente, e lui: «Certo, cacceremo Rutelli e i comunisti». «Ma quale Rutelli, dovete cacciare gli zingari, i centri sociali, i negri!» gli urlavano. Lui, Vito, era radicale proprio come Rutelli, e a certi discorsi proprio non stava dietro. Tanto sapeva che sarebbe stato recuperato nella quota proporzion­ale. Fu un capogruppo di Forza Italia molto attento ai regolament­i, ai cavilli, alle presenze, ai meccanismi parlamenta­ri, che sono molto complessi e molto importanti.

Adesso, tanto tempo dopo, si è ripreso la sua libertà, che esercita volentieri sui social. È rimasto il radicale che era, affezionat­o ai diritti. Forse siamo stati troppo severi con lui, e l’abbiamo sottovalut­ato. Dopo Elio Vito, in Parlamento, è arrivato di molto peggio.

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