Corriere della Sera

«Difensori in fuga all’estero? Segnale dell’ impoverime­nto»

Fabio Cannavaro: «In Italia non c’è stabilità, né economica né tecnica»

- di Monica Scozzafava

Trascorre le vacanze in montagna, così da sperimenta­re nuovi percorsi in bike, la sua recente passione. È passato un anno da quando Fabio Cannavaro è rientrato in Italia dalla Cina. Il tempo che si era dato, chiusa l’esperienza al Guangzhou Evergrande, per tornare in panchina («adesso la voglia di campo è tornata forte», ammette). L’ex campione del mondo, Pallone d’oro nel 2006, di mestiere ha fatto il difensore. Ora è spettatore delle manovre di mercato, dove i difensori italiani sono al centro di aste e protagonis­ti di fughe all’estero. «È il segno dei tempi, la certificaz­ione dell’impoverime­nto tecnico del campionato italiano»: non va troppo per il sottile, Cannavaro.

Koulibaly, Chiellini, De Ligt hanno lasciato l’Italia. Non erano gli attaccanti i protagonis­ti dei grandi addii?

«Fui il primo difensore italiano a trasferirm­i in Europa. Dalla Juventus al Real Madrid, una scelta che maturò per la sintonia con Fabio Capello. Fu lui a convincerm­i a superare ogni scetticism­o. Lasciai la squadra più vincente in Italia, ma davanti avevo la più bella delle realtà europee in un campionato diverso e a quei tempi stellare. Gli anni più belli della mia vita. Se ne parlò tanto proprio perché, all’epoca, i difensori non erano così ambiti. In realtà la regola c’è sempre stata e vale tuttora: gli attaccanti ti fanno vendere i biglietti delle partite. Con i difensori forti le vinci, le partite. I club europei comunque non pescavano troppo in Italia e non spendevano cifre esorbitant­i. Oggi è cambiato tutto. E un motivo c’è».

Ci dica.

«I calciatori, tutti, cercano realtà solide. La crisi economica, tra pandemia e guerra, ha devastato i bilanci di tante società. E dunque si va alla ricerca di club che garantisca­no sicurezze profession­ali oltre che economiche. In Italia queste realtà non esistono quasi più, i presidenti fanno business soltanto con i diritti televisivi. Non ci sono altri ricavi e fanno fatica a trattenere i giocatori importanti. Se loro vogliono andar via sono costretti ad accontenta­rli. Il caso di De Ligt è emblematic­o».

È questo l’impoverime­nto tecnico a cui si riferisce?

«La fuga all’estero dei difensori è la caduta dell’ultimo baluardo. Dispiace perché — e non sembri un paradosso — il nostro campionato resta quello con maggiori margini di crescita: mancano i soldi, mancano le certezze e le grandi cifre girano soltanto in Premier dove le squadre comprano e vendono tra di loro. Ma se ci fosse la giusta mentalità in Italia si investireb­be sui giovani. Come ha fatto il Milan che così ha vinto il campionato. Naturalmen­te devono essere giovani di qualità, e qui viene il difficile».

Bremer al posto di De Ligt, un cambio alla pari? Se l’aspettava?

«Sinceramen­te pensavo che il brasiliano andasse alre l’Inter, ma anche in questo caso è valsa la forza economica del club che l’ha poi preso. Alla fine la Juve ha incassato tanto per il trasferime­nto di De Ligt al Bayern, ha avuto la liquidità per comprare. Bremer è stato il miglior difensore dello scorso anno, ha tecnica e fisicità. Ma giocare nel Torino è un’altra cosa che farlo nella Juventus. Sono curioso di vedere se si confermerà. A questo punto credo che l’Inter, se ci riesce, trattenga Skriniar».

Koulibaly al Chelsea, una perdita importante per il Napoli.

«Credo sia la più importante di tutte le altre. Per il grande valore tecnico del giocatore e anche per la sua esperienza. La Premier è il campionato più affascinan­te e più strutturat­o, comprendo l’ambizione del giocatore. Lui vuole vincee lì può farlo. Lo merita».

E diventa anche più ricco. «Questo è un giochino al quale non mi presto. I calciatori se scelgono contratti più importanti diventano mercenari; se poi lo fa un direttore di banca o un qualsiasi altro lavoratore si parla di ambizione. I soldi sono importanti per tutti, le bandiere nel calcio moderno non esistono più».

Chiellini addirittur­a è andato in Mls.

«È andato nel campionato più stabile del mondo. Lo ha fatto a fine carriera e ha tutto il mio rispetto per una scelta di vita importante per la sua famiglia, per i suoi figli. Condivido anche la scelta di Insigne, Bernardesc­hi e Criscito. Hanno un’età inferiore, ma per un motivo o l’altro non erano soddisfatt­i in Italia. Il calcio è nel mondo, un concetto che facciamo ancora fatica a comprender­e».

Lei dalla Cina però è andato via.

«La famiglia non era con me, soffrivo la lontananza e l’isolamento. La pandemia ha influito in maniera significat­iva e in ogni caso ci sono stato 4 anni».

La difesa più forte in cui ha giocato.

«Nella Juventus con Thuram e Zambrotta».

La squadra che si sta attrezzand­o meglio.

«La Juventus sulla carta. Voglio però rivedere il Pogba vero non quello degli ultimi due anni e poi mi incuriosis­ce Bremer con una maglia così pesante. Di Maria è un fuoriclass­e e ha ancora molto da dire. Il Milan può ripetersi, ma le altre si sono rafforzate, Lukaku sarà fondamenta­le per l’Inter. E poi la Roma: Dybala se sta bene è un colpo da novanta».

 ?? (Getty Images, Afp) ?? Protagonis­ti Da sinistra Matthijs De Ligt, 22 anni, passato dalla Juventus al Bayern Monaco per 67 milioni di euro. A destra Kalidou Koulibaly, 31 anni, ceduto dal Napoli al Chelsea per 40 milioni
(Getty Images, Afp) Protagonis­ti Da sinistra Matthijs De Ligt, 22 anni, passato dalla Juventus al Bayern Monaco per 67 milioni di euro. A destra Kalidou Koulibaly, 31 anni, ceduto dal Napoli al Chelsea per 40 milioni
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