Lotti diventa un caso per i dem Renzi: Enrico mosso da rancore
Gli ex fedelissimi del leader di Iv fuori dalle liste pd L’ex sindaco: corro nella circoscrizione di Berlusconi
«A me pare che — dalla scelta di come costruire la coalizione ai nomi delle liste — la guida di Enrico Letta si sia caratterizzata più dal rancore personale che dalla volontà di vincere». È un Matteo Renzi al veleno quello che commenta la composizione delle liste del Partito democratico. Pronto, non solo a punzecchiare il segretario dem, ma anche a sfidare Berlusconi, come annuncia al Tg2 Post: «Mi candiderò in Lombardia, nella stessa circoscrizione di Berlusconi, Milano 2, al Senato».
Intanto in casa dem le tensioni dopo la direzione della notte di Ferragosto che ha approvato le liste non si placano.
Il nodo più discusso è legato all’estromissione di Luca Lotti, comunicatagli da Letta con una telefonata. È lo stesso ex braccio destro di Renzi a raccontarlo su Facebook, non rinunciando a qualche frecciatina: «Anche quando alcune scelte sembrano più dettate dal rancore che dalla coerenza politica, mi troverete sempre dalla stessa parte. Dalla parte del Pd». E poi avverte: «La scelta è politica, non si nasconda nessuno dietro a scuse vigliacche. Io sono abituato ad affrontare la realtà a testa alta, altrettanto faccia chi ha deciso».
Proprio l’esclusione dell’esponente di spicco di Base riformista, la corrente forse più rappresentata in Parlamento, crea le maggiori tensioni tra Letta e Lorenzo Guerini.
Quando il ministro della difesa, leader di Base riformista, prende la parola durante la direzione del Pd, dice chi era presente, è «calato un silenzio di tomba». L’intervento non è volto a lamentarsi dei posti persi dalla «sua» corrente. Anche perché, raccontano fonti parlamentari, «ragionando sulla composizione delle liste, sono circa 15 i posti blindati, addirittura 20 se le cose andassero bene per il Pd». Chi ha ascoltato l’intervento di Guerini riferisce che il ministro ha parlato solo dell’esclusione di Lotti definendola un «grave errore». Un errore prima di tutto culturale — avrebbe spiegato — perché «il garantismo, uno degli elementi della nostra identità, in questa decisione viene negato», il riferimento è al caso Palamara. E un secondo errore, ha aggiunto, viene commesso perché «si dimentica il valore decisivo, per la tenuta dei gruppi parlamentari all’epoca della scissione di Italia viva, che ha visto in Luca un presidio fondamentale». Insomma, sostiene Guerini, senza Lotti i gruppi parlamentari Pd si sarebbero ridotti all’osso.
Tra chi ha un posto in bilico in lista spiccano i nomi di altri due parlamentari uscenti: Filippo Sensi, portavoce di Gentiloni e Renzi a Palazzo Chigi e Patrizia Prestipino, renziana della prima ora.