Kenya, eletto il populista Ruto Il rivale: «Farsa, vado in tribunale»
L’eterno sconfitto Odinga protesta, ma invita alla calma: «Nessuno si faccia giustizia da sé»
A sei giorni dal voto, dopo un testa a testa che ha incollato milioni di africani a tv e smartphone, il Kenya ha un nuovo presidente. La battaglia, però, è tutt’altro che finita. Continuerà in tribunale, ha giurato ieri l’eterno sconfitto Raila Odinga, oppositore alla sua quinta candidatura presidenziale (fallita), che ha bollato i risultati come «un imbroglio». Odinga ieri ha parlato di «evidente disprezzo per la Costituzione» esortando però i suoi sostenitori alla calma. «Che nessuno prenda la legge nelle proprie mani. La giustizia prevarrà» ha detto.
A dargli man forte, la mossa inedita di 4 dei 7 commissari elettorali, che si sono rifiutati di certificare il voto, denunciando «l’opacità» dello spoglio. Quei commissari, è poi emerso, erano stati nominati dal più importante alleato di Odinga in questa corsa, il presidente uscente Uhuru Kenyatta. E alcuni analisti ora parlano di un gesto plateale, frutto di «interferenza politica». «Costituzionalmente i quattro commissari non rappresentano alcuna minaccia per la legalità dell’esito elettorale», si è affrettato a chiarire ieri William Ruto, dichiarato vincitore di misura con il 50,5% delle preferenze contro il 48,8% di Odinga.
Ruto, attuale vice di Kenyatta, definito capo «traditore», si è presentato come «il presidente di tutti», per un Paese che vuole «concentrarsi sul futuro». «Non c’è spazio per la vendetta», «abbiamo bisogno di tutte le mani per andare avanti, non possiamo permetterci il lusso di guardare indietro» ha scandito con toni concilianti Ruto, accusato in passato dalla Corte penale internazionale di aver incitato alla violenza etnica dopo il voto del 2007. Stavolta invece ha invitato a mettere da parte le scene violente di pochi minuti prima: quando la presidente della commissione elettorale lo ha proclamato presidente, la sala congressi di Nairobi è precipitata nel caos, con lanci di sedie, pugni e tre funzionari feriti. Un assaggio dei disordini che si teme possano estendersi in tutto il Paese. Come successo nelle ultime tre tornate, tutte finite nel caos dopo che Odinga, candidato perdente, ha denunciato brogli. Nel 2007 ci furono oltre mille morti e 600 mila sfollati nelle violenze post voto. E ancora, scontri nel 2017, quando la Corte Suprema annullò la votazione e indisse nuove elezioni.
L’annuncio dei risultati ha portato lunedì sera a proteste violente ma circoscritte nei bastioni di Odinga. Ieri mattina è tornata la calma. E si spera che duri. Una cosa appare certa: la campagna da toni populisti di Ruto ha funzionato in un voto segnato non soltanto dalle divisioni etniche ma soprattutto dalla crisi economica. Ruto si è presentato come il candidato che lotta contro le dinastie corrotte — sia Kenyatta che Odinga sono «figli d’arte» — e come il selfmade man, l’ex «venditore di polli» cresciuto «senza scarpe» e diventato imprenditore di successo. Un messaggio che ha dato speranza ai tanti arrabbiati in un’economia fortemente dipendente dal turismo, colpita prima dalla pandemia poi dal caro vita, con i prezzi di cibo e carburante alle stelle per effetto della guerra in Ucraina.
La partita è ancora aperta ma intanto Ruto ha incassato anche le congratulazioni del presidente del Consiglio europeo Charles Michel.