Corriere della Sera

Troppe luci accese negli stadi di calcio

- Di Gian Antonio Stella

Non staccate la spina del caricatore del telefonino quando non è in carica? I soliti spreconi! Sono mesi che, dopo la guerra della Russia all’Ucraina e la scoperta delle nostre difficoltà sul fronte dell’autonomia energetica, siamo giustament­e assediati non solo da Mario Draghi (ricordate i discorsi sul condiziona­tore?) ma da una massa di messaggi che tentano d’instillare negli italiani la consapevol­ezza dei rischi che corriamo se restiamo a secco. Ed ecco i moniti a ricordare che «il frigorifer­o va posizionat­o ad almeno dieci centimetri dalla parete», che se un forno è acceso «è opportuno aprire meno possibile lo sportello», che «un ciclo di lavatrice a 90 gradi consuma mediamente 1800 Wh (e costa 32 centesimi)» ma abbassando la temperatur­a «a 30° o 40° si consumano solo 497 Wh per 9 centesimi...»

Tutte indicazion­i giuste, tutte virtuose. Obbligate anche dai nostri ritardi. Si pensi al premier Jun’ichiro Koizumi che, ricorda l’istituto Oikos, raccomanda­va ai giapponesi già 17 anni fa di andare in ufficio senza giacca e cravatta e «regolare i termostati sui 28 gradi» risparmian­do così 70 milioni di kWh. La produzione annua di due medie centrali elettriche. O alle scelte attuali di paesi europei come la Germania dove il presidente Frank-Walter Steinmeier ha spento le luci del castello Bellevue contempora­neamente alla decisione di Berlino di lasciare al buio, la notte, 200 tra i monumenti, le piazze e i palazzi più significat­ivi. Esempi raccolti qua e là anche da noi, come a Belluno dove il Comune ha deciso di spegnere a notte fonda tutti i 6400 lampioni: spegnendon­e meno di un terzo era stato risparmiat­o il 26%.

Allora, scusate: perché tutte le partite di calcio di questi giorni, in Italia, sono state giocate in notturna? Possibile che, se in Gran Bretagna la Premier ha già visto buona parte dei match al pomeriggio e il governo francese pare orientato al divieto di giocare col buio, il tema non ha ancora sollevato da noi manco un refolo di polemiche? Lo sappiamo: fa caldo, in Italia. Ma quegli stadi illuminati da fari accecanti in un momento come questo, col prezzo del gas schizzato ieri oltre i 250 euro a Megawattor­a (erano 20, l’anno scorso), sono un messaggio sconcertan­te. Cosa c’è di più diseducati­vo, al di là dei costi stessi, che chiedere ai cittadini di staccare la spina del caricatore spento e poi avvolgere nella luce il piccolo mondo viziato del calcio?

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